Sabato 18 Maggio 2024

11.01.11 02 Vienna, Haus der Industrie (sede Industrielle Vereinigung)Capita di rado, ma capita, che qualcuno si compri una pagina intera di giornale per dire ciò che pensa. Questa volta lo hanno fatto gli industriali austriaci con una intera pagina su tutti i principali quotidiani del Paese. Su quelli di Vienna, ma anche sulla “Kleine Zeitung”, che si legge soltanto in Carinzia e in Stiria, ma che per numero di copie vendute e lette supera tutti gli altri messi insieme. Il titolo è uno slogan: “Assicuriamo un futuro all’Austria e rendiamo giustizia alle nuove generazioni”, con un doveroso punto esclamativo alla fine.

 

La pagina può ben definirsi un manifesto di ciò che il mondo imprenditoriale austriaco, rappresentato dall’Industrielle Vereinigung (l’equivalente della nostra Confindiustria), chiede alla classe politica, in un momento che appare critico anche in Austria. L’appello è rivolto al cancelliere e al vicecancelliere, Werner Faymann (socialdemocratico) e Michael Spindelegger (popolare). Merita leggere quelle istanze, per comprendere meglio le considerazioni (negative) che essi hanno delle strutture del loro Paese, che si discostano da quelle (quasi sempre positive) che noi abbiamo delle loro.

 

Burocrazia straripante, tempi di lavoro rigidi con costi esorbitanti: queste le condizioni lamentate, che metterebbero le aziende austriache sotto pressione, facendo perdere loro competitività, soprattutto nei confronti di Germania e Svizzera. “Con la cosmesi e con i piccoli aggiustamenti – scrivono – l’Austria non è più in grado di affrontare le sfide”. Le ricette del 20. secolo non bastano più. Ed ecco allora che cosa gli industriali, ma anche i normali cittadini, si aspettano dal governo.

 

In primo luogo un risanamento dei conti pubblici, con cambiamenti strutturali che non producano più debiti a partire dal 2016. Poi una riforma del sistema pensionistico, perché quello attuale favorisce i lavoratori di oggi, a danno delle generazioni di domani. Nonostante la riforma di dieci anni fa, ancor oggi in Austria l’età media del pensionamento è inferiore ai 60 anni. L’Industrielle Vereinigung chiede che sia rapidamente innalzata, senza alcun correttivo del tipo “bonus-malus” (premi per chi ritarda il pensionamento, detrazioni per chi lo anticipa).

 

Al terzo posto viene la riforma della scuola, con maggiori investimenti per la ricerca, lo sviluppo, l’innovazione, le infrastrutture e la formazione. Ricordiamo che su questo fronte l’Austria è ai primi posti in Europa, destinando il 2,7% del Pil alla ricerca e avviandosi a raggiungere presto il 3%. Ma agli imprenditori questo non sembra sufficiente, convinti come sono – e lo hanno spesso riaffermato in precedenti occasioni – che dalla formazione e dalla ricerca dipendano la competitività e quindi il futuro del Paese. Per questo chiedono che le risorse che si potranno recuperare dalla riforma dell’apparato pubblico siano destinate a questo settore e non al consumo.

 

La richiesta successiva è di abbassare le tasse. Non quelle patrimoniali (in Austria esiste l’equivalente dell’Imu), ma le tasse sul lavoro, perché i lavoratori abbiano più denaro in busta paga (l’Austria è uno dei pochi Paesi d’Europa dove il carico fiscale supera quello italiano). Nel manifesto degli industriali si legge che per ogni aumento di stipendio di 1 euro, 40 centesimi vanno al lavoratore (che qui viene chiamato “collaboratore”), mentre tutto il resto (60 centesimi) se lo mangia lo Stato.

 

Infine le riforme della macchina pubblica. Si chiede un “radicale ammodernamento” delle strutture dello Stato, da quelle federali a quelle regionali. L’Austria, come sappiamo, è uno Stato federale, articolato in 9 Länder, dotati ciascuno di grande autonomia. Ma, mentre in Italia si cerca di imitarlo, puntando sul federalismo, qui, in Austria, si vorrebbe fare il contrario, per evitare le sovrapposizioni di competenze e assurde distinzioni tra Land e Land, che comportano un’esplosione ingiustificata di costi.

 

Non mancano le critiche alla burocrazia, quella burocrazia austriaca che a noi italiani sembra un sogno paragonata alla nostra (stentiamo a credere quando ci riferiscono dei pochi giorni che servono per far nascere un’azienda, dei tempi brevi di rimborso dell’Iva, dei debiti dello Stato pagati dopo un mese, solo per citare qualche esempio). Eppure agli imprenditori austriaci quella – per noi invidiabile – burocrazia sembra un peso, che frena eccessivamente l’operatività delle aziende.

 

Il manifesto si conclude con un appello a mettercela tutta nella nuova legislatura che si è appena iniziata (le elezioni si sono svolte il 29 settembre). “L’Austria – si legge – non può permettersi altri 5 anni senza profondi cambiamenti. Altrimenti perderemo aziende, posti di lavoro, benessere e stabilità sociale”. In calce alla pagina appaiono i nomi e le firme dei presidenti delle associazioni degli industriali di tutti i Länder, che dichiarano di essere “responsabili direttamente e indirettamente per 2,4 milioni di posti di lavoro”.

 

 

[Questo articolo è già apparso in “Realtà industriale”, mensile di Confindustria Udine]

 

 

Nella foto, il palazzo dell’Industrielle Vereinigung a Vienna.

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