Sabato 18 Maggio 2024

21.08.14 Talebani entrano a HeratL’Afghanistan è al collasso. Una dopo l’altra le principali città del martoriato Paese stanno cadendo nelle mani dei talebani. E mentre ormai sono oltre 400.000 gli afghani in fuga dal loro Paese, in Europa si sta valutando se debba essere riconsiderata la condizione di quelli che nei mesi e negli anni passati erano giunti fin qua in cerca di asilo.

Finora l’orientamento prevalente era che queste persone non avessero i requisiti per ottenere lo status di rifugiati e pertanto andassero rimpatriate. L’Afghanistan era un Paese in difficoltà, certo, ma in qualche modo “pacificato”. Lo scenario è repentinamente cambiato con il ritiro dei militari americani e, nonostante le immagini che i telegiornali ci fanno vedere ogni giorno, sei Stati membri dell’Unione Europea (Austria, Belgio, Danimarca, Germania, Grecia e Olanda) hanno inviato una lettera ai commissari europei per la migrazione, Margaritis Schinas e Ylva Johansson, chiedendo che i rimpatri non subiscano interruzioni. Non farlo sarebbe “un segnale sbagliato” e un incentivo ai cittadini afghani “a lasciare casa per dirigersi in Ue”.

In realtà gli oltre 400.000 che fino a ieri avevano lasciato la loro casa, abbandonando tutto ciò che avevano, non avevano badato ad alcun segnale dall’Europa. La loro preoccupazione era solo quella di salvare la pelle. Probabilmente alcuni proseguiranno il loro cammino fino al nostro continente, mentre i più si fermeranno non lontano dal loro Paese, nel primo territorio ritenuto sicuro subito al di là del confine.

Dopo la pubblicazione della lettera ai commissari europei, tuttavia, alcuni Paesi hanno fatto marcia indietro, vedendo l’evolversi della situazione. Per prime la Germania e l’Olanda e da giovedì anche la Danimarca e la Francia hanno annunciato di aver sospeso i rimpatri, in considerazione dell’aggravarsi della situazione nel Paese, equiparabile a una guerra civile. L’Austria, invece, ritiene che i combattimenti in corso non siano una ragione sufficiente per continuare a dare ospitalità ai profughi venuti dall’Afghanistan.

Questa almeno è la posizione del ministro degli Interni, Karl Nehammer, del Partito popolare (Övp). Di diverso avviso, invece, il vicecancelliere e leader dei Verdi, Werner Kogler, che alla tv del quotidiano “Oe24” ha dichiarato che “i rimpatri di fatto non sarebbero possibili”, perché gli aerei diretti in quel Paese attualmente non hanno alcuna autorizzazione ad atterrare. “Ciò che sta accadendo in Afghanistan – ha aggiunto Kogler – è davvero grave e avrà delle conseguenze. Anche se una o l’altra voce dal Ministero degli Interni dicono cose diverse, attualmente i rimpatri in Afganistan non ci sono”.

Quello dei rimpatri sarà un nuovo elemento di disaccordo tra i due partiti di governo. In questo “confronto” la posizione di Kogler ha ottenuto indirettamente l’appoggio dal presidente della Croce rossa austriaca, Gerald Schöpfer, che ha chiesto la fine dei rimpatri e ha invitato il governo a rivedere la propria posizione.

La risposta è venuta dal Ministero degli Interni, che ha annunciato che “non ci saranno cambiamenti”. In altre parole, i profughi afghani che hanno visto respinta in via definitiva la loro richiesta di asilo o di protezione umanitaria saranno caricati su un aereo e rispediti a casa, come se nel loro Paese non stesse accadendo nulla. Questa almeno era la posizione del Ministero fino a ieri. Ma la situazione potrebbe precipitare rapidamente e anche il Partito popolare austriaco potrebbe cambiare idea, se Kabul dovesse cadere nelle mani dei talebani.

 

NELLA FOTO, una scena dell’Afghanistan di oggi che il Partito popolare austriaco considera normale: l’ingresso dei talebani a Herat, terza città del Paese.

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