Domenica 18 Maggio 2025

La storia di Hypo Bank Alpe Adria è una di quelle che non finiscono mai. Di tanto in tanto riaffiorano in superficie alcuni dei suoi personaggi, come fiumi carsici che scorrono sotterranei senza che noi ne abbiamo contezza e che poi, all’improvviso, sgorgano da un anfratto, per ricordarci che ci sono.

Dalle viscere carsiche è riemerso oggi Josef Kircher, uno dei direttori del gruppo bancario carinziano ai tempi d’oro di Kulterer & Co. Kircher era il capo supremo nel ramo leasing, che soprattutto all’estero – e dunque anche in Italia – dava i maggiori profitti. Hypo Bank in casa sua poteva raccogliere facilmente denaro, grazie all’ottimo rating dell’istituto e alle sconsiderate garanzie che il Land Carinzia gli aveva prestato ai tempi di Jörg Haider. E di conseguenza poteva prestare quei soldi ad aziende e a privati a condizioni assolutamente competitive, talvolta anche rischiando molto.

È questa, a ben vedere, la ragione per cui oggi abbiamo risentito parlare di Kircher. È comparso davanti al Tribunale di Klagenfurt con l’accusa di malversazione aggravata. Nella sua veste di responsabile leasing di Hypo Bank aveva autorizzato con la sua firma la concessione di due crediti, rispettivamente di 3,5 milioni di euro (nel 2003) e di altri 2,1 milioni (nel 2006) a un’azienda croata costituita il giorno prima.

Come si fa a prestare somme così considerevoli a un’azienda senza storia e, a quanto si sapeva già allora, senza mezzi propri? Come si fa, tre anni dopo, a concedere un nuovo prestito, pur sapendo che la stessa azienda, già beneficiaria del precedente prestito, non aveva ancora battuto un chiodo?

Dal dibattimento processuale non si è capito quali fossero le ragioni per le quali Kircher aveva riposto tanta fiducia in quell’azienda croata, che avrebbe dovuto produrre e smerciare bottiglie di acqua minerale. Alla Procura di Stato importava dimostrare che l’ex direttore generale, con quella sua firma avventata, aveva procurato alla banca un danno milionario. Non è stato un compito difficile, perché Kircher fin dall’inizio si è dichiarato colpevole e ha ammesso le sue responsabilità.

Il Tribunale lo ha condannato a 5 mesi di reclusione, che tuttavia non sconterà in carcere. Un “privilegio” dovuto al fatto che Josef Kircher è ormai un “cliente” abituale delle aule di giustizia di Klagenfurt, dove è già stato condannato cinque volte, per una pena detentiva complessiva di 95 mesi. Anche dopo i precedenti processi Kircher non è mai finito in carcere. I giudici hanno tenuto conto della piena confessione rilasciata agli inquirenti, del concordato per risarcire il danno causato alla banca e del comportamento irreprensibile sempre mantenuto dopo lo scoppio dello scandalo. Per questo se l’è cavata semplicemente con gli arresti domiciliari e con un braccialetto elettronico alla caviglia.

Dopo il processo di oggi Kircher è apparso sollevato. La sua vicenda giudiziaria, infatti, sta per concludersi. A fine agosto dovrà affrontare un altro processo – sarà il settimo – e poi i suoi conti con la giustizia saranno finiti.

Oggi era solo sul banco degli imputati, ma accanto a lui si sarebbero potuti sedere anche Wolfgang Kulterer, Günter Striedinger e altri dirigenti della banca carinziana. La Procura ha rinunciato a incriminarli per ragioni procedurali: avrebbero dovuto rispondere di reati che si sarebbero dovuti contestare loro già nei precedenti processi e per i quali la pena massima è di 10 anni. Un nuovo processo a loro carico non avrebbe aggiunta alcuna pena detentiva, essendo già stati condannati a 10 anni. È la stessa ragione per cui anche Kircher non teme nuovi processi, dopo quello di fine agosto, perché ha già accumulato il massimo della pena e non lo si può punire di più.

Ma la pena maggiore per Kircher è di natura finanziaria. Da direttore generale di Hypo Bank godeva di uno stipendio da favola che ora non ha più e tutto il suo patrimonio è stato bruciato in spese legali e giudiziarie. Ora vive di un modesto reddito, come consulente di imprese edilizie che operano all’estero.

NELLA FOTO, il palazzo in vetro e cemento di Tavagnacco (Udine) costruito nel 2006 su progetto dell’architetto Thom Mayne per Hypo Alpe Adria Bank. Oggi ha altri inquilini.

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