Martedì 8 Luglio 2025

Che sta capitando all’Austria che abbiamo conosciuto finora? L’Austria dove la legge e l’ordine regnavano sovrani, senza quasi che ci fosse bisogno di forze dell’ordine per farli rispettare? La strage avvenuta ieri mattina nel “Realgymnasium” di Graz ha cancellato d’un tratto l’idea che avevamo di questo Paese e che ne avevano gli stessi austriaci. Per questo, quando nella tarda mattinata di ieri la notizia della tragedia si è diffusa in tutto il Paese – prima attraverso il tam-tam dei social e subito dopo dalla tv pubblica, che ne ha riferito senza interruzione fino a metà pomeriggio – lo choc è stato enorme.

Mai prima d’ora si erano contate tante vittime in un singolo attentato. Mai poi in una scuola. Sì, è vero, c’erano stati episodi di terrorismo, ma legati appunto a fenomeni che hanno radici altrove. Il più grave che si ricordi risale al 1985, quando un gruppo di terroristi palestinesi assalì con granate e fucili mitragliatori un aereo dell’El Al, all’aeroporto di Schwechat, uccidendo tre passeggeri e ferendone altri 39. L’episodio suscitò clamore, ma venne subito archiviato, perché l’Austria ne era solo indirettamente coinvolta. Due ore dopo la sparatoria il traffico all’aeroporto della capitale era ripreso normalmente e a nessuno venne in mente di proclamare il lutto nazionale.

Questo caso è diverso. Il governo ha proclamato tre giorni di lutto nazionale. Il cancelliere Christian Stocker e il ministro degli Interni Gerhard Karner si sono precipitati a Graz, per informarsi di persona dell’accaduto e per esprimere la loro vicinanza ai familiari delle vittime. La sindaca di Graz Elke Kahr, unica sindaca comunista dell’Austria, ha proclamato anche lei tre giorni di lutto, con cancellazione di tutte le manifestazioni pubbliche.

Graz ha una ragione in più per essere sotto choc. Dieci anni fa, proprio in questi giorni, le cronache registrarono un’altra strage, ma con meno vittime. Poco dopo mezzogiorno un uomo di 26 anni percorse a folle velocità la centralissima Herrengasse al volante di un suv, mirando deliberatamente contro le persone che a quell’ora affollavano la strada e i marciapiedi. Tre persone, tra cui un bambino di 4 anni, rimasero uccise, altre 36 furono ferite. Quando l’attentatore scese dall’auto, riuscì ad accoltellare altre due persone, prima d’essere bloccato.

Ma il caso di allora era diverso da quello di ieri. L’attentatore, cittadino austriaco immigrato dalla Bosnia, pur dichiarandosi cristiano, era in realtà vicino agli ambienti più radicali dell’Islam, amico di un predicatore già condannato per propaganda a favore dello Stato islamico. Insomma, la matrice di quell’episodio sanguinoso era chiara.

Non è chiara, invece, quella che ha spinto l’ex alunno del “Realgymnasium” a infierire così crudelmente nei confronti degli allievi della scuola. Nei dibattiti seguiti ieri in Austria – alla tv e in altre sedi – ci si chiedeva che cosa si sarebbe potuto fare per evitare tanto spargimento di sangue. Un interrogativo a cui non è stata data una risposta convincente.

Va detto che le scuole austriache – in Carinzia di sicuro, negli altri Länder non ne abbiamo informazione diretta – hanno adottato misure contro possibili attentati. D’intesa con le forze di polizia sono state fissate modalità di allarme e misure di autoprotezione. Sono state fatte persino esercitazioni di evacuazione. Ma tutto questo è stato concepito nella supposizione che la minaccia potesse venire dall’estremismo islamico. Del resto non era un musulmano di origini bosniache il giovane che dieci anni fa aveva travolto in auto la folla nel centro di Graz? E quello che in febbraio aveva ferito a coltellate cinque persone nella piazza principale di Villaco?

Ricondurre ogni episodio di violenza al fanatismo islamico è un atteggiamento talmente radicato che ieri, subito dopo l’attentato, sono circolate nei social fake news con foto e video del presunto attentatore che urlava “Allah Akbar”, mentre si riferivano invece ad altri episodi avvenuti altrove, addirittura negli Usa. Ciononostante poche ore dopo erano stati rilanciati e spacciati per veri dai portali web “ura.ru”, vicino al Cremlino, e “Nexta”, che si occupa di Bielorussia, con migliaia di condivisioni.

Tralasciata la pista islamica – inesistente, almeno in questo caso – resta sul tavolo il problema delle armi. Il giovane autore della strage di ieri era armato di un fucile a pompa e di una pistola Glock, quest’ultima comprata solo qualche giorno prima. È così facile in Austria procurarsi un’arma? Pare di sì. Basta essere maggiorenni e non colpiti da un divieto giudiziario di possesso di armi da fuoco. Attualmente sono 1,5 milioni le pistole e i fucili legalmente detenuti, quasi il doppio di quelli registrati dieci anni fa (allora erano 900.000). La propensione all’acquisto viene spiegata da una diminuita “percezione soggettiva della sicurezza”.

 

NELLA FOTO, lumini accesi ieri sera in segno di lutto davanti al municipio di Graz.

 

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