Domenica 2 Giugno 2024

16.02.10 Berg (Bassa Austria, confine con Slovecchia)Sospendere il trattato di Schengen? Più facile a dirsi che a farsi. Tanto per cominciare, bisognerebbe riaprire le caserme di frontiera con gli alloggiamenti per il personale di polizia. E poi bisognerebbe reclutare quel personale che un tempo controllava i documenti delle persone in transito e che ormai da anni svolge altre funzioni, da cui non può più essere improvvisamente distolto. Insomma, un bel problema.

Ma quelli accennati sono soltanto aspetti “tecnici” dell’eventuale ripristino dei controlli di frontiera. Ben più pesanti sarebbero le ripercussioni sul piano economico, dovute all’allungamento dei tempi ai valichi di frontiera per il transito delle merci. La Wirtschaftkammer (Camera dell’economia) austriaca ha fatto una stima che soltanto la reintroduzione di controlli temporanei al confine con la Germania comporterebbe per le aziende di trasporto un costo di 2,5 milioni al giorno. Se poi la sospensione di Schengen dovesse diventare permanente, il danno in un anno (soltanto per gli spedizionieri austriaci) potrebbe raggiungere i 2,2 miliardi.

Senza contare i costi aggiuntivi per le industrie (se le merci impiegano più tempo per viaggiare, occorre aumentare le scorte di magazzino, congelare risorse, ritardare consegne e produzione), per il commercio, per il turismo. “Inoltre – spiega Alexander Klacska, capo sezione trasporti della Wirtschaftskammer, in una dichiarazione rilasciata al settimanale economico “Trend” – a medio termine manca una flotta adeguata di automezzi, per compensare i tempi più lunghi di trasporto e di consegna delle merci”. Insomma, se per portare un carico da Klagenfurt a Monaco di Baviera serve un giorno in più, i camion oggi in servizio non bastano; ne servono altri in sovrannumero che al momento non ci sono.

La discussione della sospensione di Schengen, in conseguenza del fenomeno migratorio, è in corso non soltanto in Austria. Secondo uno studio dell’istituto francese “France Stratégie” (citato sempre dal settimanale “Trend”), una definitiva abrogazione del trattato di Schengen comporterebbe una flessione del commercio dal 10 al 20 per cento, con una perdita a livello europeo di 110 miliardi, metà dei quali nel settore del turismo, che per l’Austria costituisce una voce importante del Prodotto interno lordo.

Il quadro delineato è il peggiore che si possa immaginare. Secondo alcuni esperti, i danni dell’abrogazione di Schengen potrebbero in parte essere contenuti, per esempio creando “corridoi preferenziali” ai valichi di frontiera riservati alle aziende di trasporto: tutti i viaggiatori vengono sottoposti ai controlli di polizia, come ai “bei tempi” che alcuni ora rimpiangono, ma i tir carichi di merci imboccano una corsia separata, che potrebbe consentire un attraversamento rapido. Va notato, peraltro, che progetti del genere attualmente non sono neppure nel cassetto e che, per realizzarli, richiederebbero investimenti milionari da parte dello Stato.

Siamo, come ben si capisce, nel campo delle ipotesi. Perché i controlli che si vorrebbero ripristinare, per intercettare il passaggio di immigrati clandestini, vengono effettuati anche oggi a campione non sulle auto, ma proprio sui mezzi pesanti, dove è più facile che si trovino nascosti. Occorre ricordare il camion frigorifero abbandonato nel luglio scorso presso Eisenstadt, nel Burgenland, con 71 cadaveri prigionieri nel cassone?

Ma il costo maggiore di una cancellazione di Schengen sarebbe soprattutto simbolico. Verrebbe meno la sensazione di appartenere tutti a una medesima comunità senza confini e in questo modo verrebbe annullata drammaticamente una delle principali conquiste dell’Unione Europea.

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Stiamo parlando delle conseguenze che avrebbe la sospensione del trattato di Schengen. Ma l’Austria non lo ha già fatto? Poniamo questa domanda perché, stando a ciò che scrivono ripetutamente quasi tutti gli organi di informazione in Italia, l’Austria avrebbe ormai chiuso da giorni le sue frontiere, abolendo di fatto Schengen.

Non è così, come andiamo scrivendo in questo blog, ma siccome anche le menzogne, se ripetute, diventano Verità, ormai tutto il dibattito giornalistico e politico dà per scontato il fatto che l’Austria sia diventata una roccaforte impenetrabile e ci si interroga soltanto se anche l’Italia debba seguirne l’esempio. Non c’è nulla di più surreale che tentare di imitare qualcosa che non esiste. L’Italia dovrebbe chiudere le sue frontiere come ha fatto l’Austria? Ma se le frontiere austriache sono aperte, che cosa andiamo a imitare?

Siamo in presenza di un fenomeno che, prima che politico, è giornalistico. Com’è possibile che autorevoli testate sostengano una realtà che non esiste? L’Austria non è l’Australia, non sta dall’altra parte del mondo, ma a due passi da noi. Bastano pochi chilometri di auto o addirittura una semplice telefonata per verificare che i confini sono sempre aperti, a Tarvisio come al Brennero e così pure sulle frontiere con la Slovenia (a parte i controlli a cui soltanto i profughi sono sottoposti), con l’Ungheria, con la Slovacchia, con la Cechia, con la Germania, con la Svizzera, con il Liechtenstein.

Certo, la crisi dei profughi potrebbe aggravarsi nei prossimi mesi o già nelle prossime settimane e l’Austria a quel punto potrebbe ritenere necessario sospendere Schengen. Ma perché annunciare come già esistente una situazione che ancora non lo è?

Anche Woody Allen “si sentiva poco bene”, ma sarebbe un precorrere i tempi se i giornali dessero la notizia che è morto. Certo, un giorno toccherà anche a lui (come a Dio e a Marx), ma per ora Woody Allen è ancora vivo e vegeto. Lo stesso vale per Schengen. Se un giorno l’Austria deciderà di sospenderlo, non sarà una giustificazione per averlo predetto con tanto anticipo.

 

NELLA FOTO, il valico di Berg, in Bassa Austria, al confine con la Slovacchia, prima che con il trattato di Schengen fossero eliminati i controlli di polizia.

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