Sabato 18 Maggio 2024

15.07.23 KrškoLa Carinzia è sempre molto sensibile alla questione nucleare. L’annuncio dell’accordo raggiunto tra Slovenia e Croazia, che prevede il prolungamento di 20 anni, fino al 2043, della vita operativa della centrale nucleare di Krško (l’impianto è situato in territorio sloveno, 100 chilometri a est di Lubiana, ma la proprietà è condivisa con la Croazia), ha suscitato vivaci proteste da parte di tutte le forze politiche del Land austriaco, di destra e di sinistra. La “Kleine Zeitung”, principale quotidiano della regione, ne ha dato notizia in prima pagina, sotto un occhiello che dice “Indignazione”. E all’accordo ha dedicato l’articolo di fondo, a firma di Thomas Cik, intitolandolo “Fukushima brucia ancora e tuttavia Krško viene prolungata”.

Nel 1987 l’Austria aveva sottoposto a referendum (un referendum vero, vincolante, non come la recente petizione per l’uscita dall’Ue, che non avrà alcun seguito) l’entrata in funzione della sua centrale nucleare di Zwentendorf. Il progetto fu bocciato per una manciata di voti (il 50,47% degli elettori disse “no”). Nel tempo, però, l’atteggiamento contrario all’uso dell’energia nucleare è cresciuto, al punto che oggi è condiviso da quasi tutta la popolazione e sicuramente da tutti i partiti politici. A suo tempo l’Fpö, allora guidato da Jörg Haider, fece una battaglia contro la centrale nucleare di Temelin, in Cechia, non molto lontana dal confine austriaco, e insistette addirittura perché l’Austria ponesse il suo veto all’adesione della Cechia all’Unione Europea, se prima non avesse chiuso quella centrale.

Si comprendono quindi facilmente le ragioni delle proteste in Carinzia, che pure non dista da Krško meno di quanto disti, per esempio, il Friuli Venezia Giulia, dove peraltro la notizia è stata ignorata e non ci sembra si sia levata alcuna voce di contestazione. In Carinzia, invece, la vicepresidente del Land Beate Prettner (Spö) ha annunciato l’avvio di tutte le azioni legali possibili per impedire che Krško continui a funzionare per altri 20 anni, definendo la decisione “altamente imprudente”.

Anche l’assessore Christian Ragger, segretario regionale dell’Fpö, ha definito “irragionevole” il provvedimento dei governi sloveno e croato, mentre Rolf Holub, assessore verde, ha annunciato una presa di posizione ufficiale del Land nei confronti della Repubblica di Slovenia. La stesura del documento sarebbe già in corso. Per l’esponente ambientalista il prolungamento dell’operatività della centrale sarebbe “del tutto incomprensibile e irresponsabile”. Probabilmente nella consapevolezza che la voce del Land non venga presa in adeguata considerazione, Holub ha anche sollecitato il governo federale ad avviare trattative con la Slovenia, affinché l’impianto di Krško sia fermato.

Le preoccupazioni suscitate da Krško sembrano molto più giustificate di quelle per Temelin. Da quando è entrato in funzione nel 1983, l’impianto sloveno(l’unico esistente in quel Paese) ha avuto parecchi incidenti. Nel 2008 la Commissione Ue aveva dovuto lanciare l’allarme a livello europeo, a causa di una falla verificatasi nel sistema di raffreddamento. E nel 2012 Greenpeace aveva sollecitato la chiusura dell’impianto, a causa della sua vetustà e dei pericoli connessi alla sua ubicazione in zona sismica. La centrale si trova, infatti, in corrispondenza di una faglia, che nella fase di progettazione e realizzazione dell’impianto era stata cancellata dalle mappe, perché non fosse di impedimento. Proprio quell’anno, a causa di eventi meteorologici sfavorevoli, erano bastate foglie e rami d’albero caduti a impedire l’afflusso all’impianto dell’acqua della Sava per determinare una situazione di emergenza.

Che accadrà ora? Probabilmente nulla. La protesta dei carinziani è isolata e non trova l’appoggio in altri Länder e men che meno nel governo nazionale. Il Friuli Venezia Giulia non si è nemmeno accorto della decisione presa congiuntamente da Lubiana e Zagabria di far durare per venti anni in più l’incubo di Krško.

 

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