Sabato 18 Maggio 2024

Si mette male per l’ex cancelliere austriaco Sebastian Kurz e per i suoi più stretti collaboratori, con cui sei anni fa aveva dato la scalata alla Ballhausplatz, il centro del potere, dove si trova la Cancelleria federale. Sono accusati a vario titolo di corruzione, malversazione, peculato, falsa testimonianza e altro ancora. Tutte accuse da dimostrare – sia ben chiaro – e per le quali è d’obbligo, come sempre, la presunzione di innocenza. Ora però la Wirtschafts- und Korruptionsstaatanwaltschaft (la Procura speciale anticorruzione) ha trovato un testimone che inchioderebbe i sospettati.

Come spesso accade, il “nemico” era in casa e non se n’erano accorti: è uno dei più stretti e fidati (a torto, con il senno di poi) collaboratori di Kurz. Parliamo di Thomas Schmid (nella foto), l’uomo che per conto dell’ex cancelliere si era occupato delle faccende sporche del gruppo, che andavano dal rastrellamento di fondi pubblici per finanziare la propaganda personale di “Basti” ai tentativi di intimidazione nei confronti della Diocesi di Vienna, che aveva osato criticare la politica per l’immigrazione (o contro l’immigrazione) del governo Kurz.

Per questo suo impegno Schmid era stato premiato con la nomina a Ceo di Öbag, la holding delle società partecipate dallo Stato. Un incarico prestigioso, ben remunerato, che tuttavia Schmid aveva potuto esercitare per brevissimo tempo, travolto dallo scandalo delle chat che gli investigatori avevano trovato sul suo telefonino. Schmid era un messaggiatore compulsivo e in 5 anni aveva inviato a destra e a manca oltre 300.000 sms, molti dei quali erano rivelatori dei traffici orditi dal cerchio magico di Kurz o da Kurz in persona per la conquista del potere.

La memoria del suo smartphone – sequestrato dalla Procura anticorruzione per tutt’altre ragioni (si indagava sulle ipotesi di reato emerse dal famoso video di Ibiza, che era costato la carriera politica del leader dell’estrema destra Heinz-Christian Strache) – era stata una miniera di informazioni, che avevano consentito agli inquirenti di chiedere l’autorizzazione a procedere nei confronti di Kurz e dei suoi sodali.

Da allora è passato un anno, nel corso del quale gli uomini dell’Anticorruzione hanno avuto un colpo di fortuna. Thomas Schmid si è messo in contatto con loro, dicendosi pronto a vuotare il sacco, in cambio di un trattamento giudiziario a lui più favorevole. Era destinato ad essere il capro espiatorio della vicenda e a finire in carcere per lungo tempo. Collaborando con gli investigatori, invece, potrebbe cavarsela con una pena minore, che probabilmente potrebbe beneficiare della condizionale. Insomma, niente galera.

Il suo ruolo è disciplinato dall’ordinamento penale austriaco ed è definito di “Kronzeuge”, che assomiglia al nostro “collaboratore di giustizia”.  La traduzione di “Kronzeuge” non è “testimone con la corona”, ma “testimone della corona”, perché si richiama alla tradizione giudiziaria anglosassone, in cui l’ufficio dell’accusa agisce “in nome di sua maestà”, ovvero della corona. Collabori con la Giustizia, racconti quello che sai, inchiodi i tuoi complici alle loro responsabilità e la Giustizia sarà magnanima nei tuoi confronti.

Che Schmid abbia scelto di diventare “testimone della corona” sorprende, perché era un fedelissimo del capo. Nei messaggi si rivolgeva a Kurz con espressioni imbarazzanti del tipo “ich liebe dich” (“ti amo”) e per definire i legami all’interno della banda un’altra espressione usata era “noi siamo una famiglia”. Il suo ruolo ora e quello che, in termini tecnici, si definirebbe di Giuda.

Thomas Schmid aveva deciso di saltare il fosso già in aprile. Era scomparso dalla circolazione e si diceva che si fosse nascosto in Olanda. La commissione parlamentare di inchiesta sull’Övp (Partito popolare), per presunti reati di corruzione, lo aveva citato per interrogarlo, ma non si era presentato e nessuno era stato in grado di rintracciarlo. Nemmeno il suo legale sapeva dove si fosse cacciato.

Invece era più vicino di quanto ci si potesse immaginare. Non in Olanda, ma a Graz, capoluogo della Stiria. È qui che Schmid all’inizio dell’estate ha incontrato in gran segreto gli uomini dell’Anticorruzione, perché a Vienna sarebbe finito subito sotto i riflettori. L’ex fedelissimo di Kurz è stato interrogato per 15 giorni consecutivi nella sede distaccata della Procura anticorruzione, che si trova in un edificio appartato ai piedi dello Schlossberg (la collina al centro di Graz, con in cima la torre dell’orologio, che è il simbolo della città e che tutti conoscono). Da quel lungo colloquio è uscito un documento d’accusa di 454 pagine che sta avendo l’effetto di una bomba nei confronti di Sebastian Kurz e dei suoi collaboratori. Sono una cinquantina le persone coinvolte, alcune di secondo piano, altre che rivestivano o che tutt’ora rivestono ruoli importanti, come il presidente del Parlamento, Wolfgang Sobotka o l’immobiliarista René Benko.

Oggi ci fermiamo qui, ma la storia non finisce qui. Avremo modo di riparlarne.

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