Domenica 2 Giugno 2024

22.03.02 Alois SchwarzMons. Alois Schwarz (nella foto), già vescovo in Carinzia fino al 2019 e poi a capo della diocesi di St. Pölten (capoluogo della Bassa Austria), continua a far parlare di sé, non per la sua attività pastorale, ma per le accuse di evasione fiscale che continuano ad essergli rivolte.

I primi a farlo, sia pure indirettamente, erano stati i canonici della diocesi di Klagenfurt, poco dopo la sua partenza. Prendendo in mano i conti del vescovado – che fin prima Schwarz aveva gestito per conto suo, senza farne partecipi quelli che sarebbero dovuti essere i suoi collaboratori – i canonici avevano scoperto un’operazione immobiliare sospetta. Ne sarebbero andati di mezzo chi ne era personalmente responsabile (in questo caso l’ex vescovo Schwarz), ma anche la stessa diocesi, come persona giuridica. Per questa ragione il capitolo diocesano, responsabile dell’amministrazione della diocesi in attesa che da Roma fosse nominato un successore di Schwarz, avevano deciso di autodenunciarsi alla Procura di Stato per evasione fiscale. È un atto che avrebbe potuto limitare le conseguenze penali dell’illecito, una sorta di “ravvedimento operoso”.

La conseguenza era stata l’avvio di un’indagine giudiziaria della Procura di Stato nei confronti del vescovo Schwarz e di altri, che si era conclusa tuttavia con l’archiviazione. Gli inquirenti non avevano ravvisato del comportamento del presule gli estremi dell’evasione fiscale, ma eventualmente solo quelli di un’elusione fiscale, non perseguibile penalmente.

Ora, però, mons. Schwarz è di nuovo indagato, perché il “Rechtsschutzbeauftragter” ha posto il suo veto all’archiviazione, in quanto il caso in esame non potrebbe essere liquidato come semplice elusione fiscale: chi ne era stato artefice, infatti, lo avrebbe fatto proprio allo scopo di evadere il fisco. Il “Rechtsschutzbeauftragter” è una figura dell’ordinamento giudiziario austriaco, che ha il compito di verificare la legalità di determinati procedimenti, dura in carica tre anni e, a garanzia della sua indipendenza di giudizio, non può essere rimossa dall’incarico.

Naturalmente non basta il veto di uno “Rechtsschutzbeauftragter” per rimettere in moto un processo. La richiesta verrà prima ripresa in esame da un collegio di giudici che, per ovvie ragioni, non saranno quelli della stessa circoscrizione giudiziaria che si erano già espressi, ma quelli del Tribunale regionale di Vienna.

Per inciso, anche gli inquirenti degli Uffici finanziari della Carinzia si erano opposti all’archiviazione e avevano chiesto una prosecuzione del processo alla Procura anticorruzione. Anche questa istanza era stata sottoposta al vaglio di un collegio di giudici del Tribunale regionale di Vienna, che l’aveva respinta. Vedremo se anche la nuova istanza avrà lo stesso destino.

Ma qual è l’operazione immobiliare che a suo tempo aveva avuto per protagonista mons. Schwarz? Si tratta della compravendita di un condominio con più appartamenti situato a Pörtschach, sul Wörthersee. Chi conosce Pörtschach e il Wörthersee sa che stiamo parlando di una località turistica d’élite, dove gli immobili valgono oro, specie se, come quello di cui stiamo scrivendo, si trovano lungo il lago.

La speculazione di cui stiamo parlando ha inizio nel 2012. Quell’anno la Curia di Klagenfurt (ma in realtà chi fa tutto è il vescovo) compra il condominio per 1,38 milioni di euro. L’anno dopo lo rivende a una fondazione che fa capo al miliardario Gaston Glock (quello delle famose pistole), per 1,5 milioni. Fin qui è tutto in regola.

Senonché quasi in contemporanea un’altra fondazione, anch’essa riferita a Gaston Glock, dona alla diocesi 600.000 euro destinati al restauro del duomo di Gurk (era la sede storica della diocesi carinziana, prima del trasloco a Klagenfurt) e all’allestimento dell’annesso museo diocesano.

Non deve stupire che nella compravendita e nella donazione entrino in gioco due fondazioni, anziché due normali società o personalmente il fabbricante di pistole. In Austria è normale che chi ha tanti soldi li riversi in una fondazione costituita ad hoc, per non pagare troppe tasse. Ciò che stupisce è la coincidenza temporale delle due operazioni.

Ne rimasero stupiti anche i canonici del capitolo diocesano, che non ci misero troppo sforzo per fare due più due: il vescovo Schwarz non aveva venduto il condominio per 1,5 milioni, ma per 2,1 milioni, ma d’accordo con il compratore si era fatto versare parte del prezzo (600.000 euro) in forma di donazione, per non pagare le tasse che, su quell’importo, sarebbero ammontate a 150.000 euro, pari al 25%. L’evasione fiscale è un illecito amministrativo, ma se la somma evasa supera, come in questo caso, i 100.000 euro, diventa anche un illecito di rilevanza penale.

In passato il vescovo Schwarz aveva già avuto problemi con la giustizia, perché accusato di malversazione nell’amministrazione dei beni della diocesi. Anche quell’accusa alla fine era stata archiviata, ma non perché risultata infondata. La Procura generale di Vienna aveva deciso di non procedere, ritenendo che, in base al Concordato con la Chiesa, le vicende relative al patrimonio ecclesiastico non fossero di competenza dello Stato.

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