Cronaca degli ultimi giorni. Domenica sparatoria nella Yppenplatz, a ovest del centro di Vienna, tra la Josefstadt e il quartiere di Ottakring: due feriti. Lunedì accoltellamento nella stessa piazza, ma altri episodi analoghi sono stati registrati nel giro di poche ore nei quartieri periferici di Florisdorf (sponda sinistra del Danubio) e Simmering. Martedì nella zona di Rudolfsheim-Fünfhaus (non lontano da Schönbrunn) scontro tra giovani armati di martello: tre feriti, uno in pericolo di vita. Attendiamo aggiornamenti per sapere ciò che è accaduto o accadrà oggi.
Per usare una banale espressione giornalistica, potremmo dire che a Vienna non passa giorno che non vi siano scontri tra giovani immigrati. Episodi del genere si erano registrati anche in passato, ma erano stati classificati come “episodi isolati”. In tempi recenti, in particolare dall’inizio di questo mese, si è assistito invece a una vera a propria escalation.
La stampa tabloid ne va a nozze e parla di “Bandenkrieg” (guerra tra bande) o di “Clan-Fehde” (faide tra clan). La stampa “seria” concede poco spazio al fenomeno, ma non può ignorarlo. Il primo passo per affrontare un problema, che sta crescendo di giorno in giorno, è quello di riconoscerne l’esistenza e di cercare di capirne le ragioni. L’intervento della polizia è necessario, ma non sufficiente.
Non si tratta della violenza di un tempo e non pare neppure che si tratti di scontri legati allo spaccio di droga e al controllo del territorio. Il fenomeno sembra dovuto piuttosto a un conflitto interetnico. I protagonisti sono sempre gli stessi: da una parte i siriani, dall’altra i ceceni. A volte anche gli afghani, scambiati per ceceni. È uno scontro che ha radici profonde, il più delle volte legate alle drammatiche esperienze vissute dai protagonisti nei loro Paesi di origine e nei campi di permanenza (o di detenzione) di cui erano stati ospiti nel loro travagliato viaggio verso l’Europa.
In questi casi le generalizzazioni non aiutano. Per esempio non aiuta l’identificazione etnica dei giovani al centro degli scontri di queste notti. I più violenti sono i siriani. Sono loro a provocare gli incendi. Ma si tratta per lo più di giovani arrivati a Vienna da meno di un anno. Non hanno nulla a che fare con le migliaia di siriani che avevano trovato rifugio a Vienna nel 2015 e che conducono una vita tranquilla.
Sono loro che ormai quasi ogni sera scendono in strada armati di bastoni, coltelli, spray al peperoncino, a volte anche armi da fuoco. “Il fenomeno ha assunto una nuova dimensione”, ha ammesso Christine Dubravac-Widholm, dell’Spö, presidente del consiglio di quartiere di Brigittenau. Un giudizio condiviso da Dietmar Berger, ufficiale della Polizia criminale di Vienna: “L’escalation della violenza ha raggiunto una nuova qualità”.
La polizia è in stato di allarme e ha schierato tutti i suoi uomini: il commando Cobra, le unità cinofile, il gruppo di impiego per la lotta alla criminalità di strada, persino la polizia stradale. Il 25% degli uomini della Polizia austriaca è in servizio a Vienna, ma sembra che non bastino. Da questo mese sono stati chiamati rinforzi dagli altri Länder, dove la situazione è più tranquilla. È tuttavia evidente che non si tratta soltanto di un problema di ordine pubblico. “L’Austria non sa affatto ciò che le aspetta”, aveva scritto cinque giorni fa il settimanale “Profil”.
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