Domenica 2 Giugno 2024

16.03.01 Donald Tusk e Werner FaymannNon è un viaggio di piacere quello che Donald Tusk, presidente del consiglio europeo, ha iniziato ieri in Austria e che proseguirà fino a dopodomani, toccando tutti i Paesi della cosiddetta “rotta balcanica” dei profughi, fino alla Grecia e alla Turchia, in preparazione del vertice di lunedì prossimo dell’Ue. A Vienna Tusk ha incontrato un cancelliere Werner Faymann inviperito. Faymann non ha digerito le critiche lanciategli domenica sera in tv dalla cancelliera tedesca Angela Merkel, per le restrizioni poste agli ingressi in Austria.

“Se Schengen deve funzionare, come noi vogliamo – ha detto Faymann – non va che i profughi si trascinino dalla Grecia fino all’Austria”. Non si può sopportare più a lungo “che ogni giorno siano spinti qui migliaia di uomini, mentre dall’altra parte la Germania faccia sapere che ne accoglierà oggi mille o duemila, oppure uno soltanto”. Il cancelliere austriaco ha detto chiaro e tondo a Tusk che i migranti devono essere ripartiti già ai confini esterni dell’Ue, in Italia e in Grecia. “Non si può costringere questa gente a percorrere duemila chilometri e trasformare l’Austria in una sala d’attesa per la Germania”.

Alla cancelliera tedesca Fayman ha mandato a dire che “se vuole fissare una quota giornaliera di ingressi per i profughi, se li vada a prendere direttamente in Grecia, in Turchia o in Giordania”, aggiungendo che “l’Austria lo scorso anno ha accolto 90.000 richieste d’asilo, in rapporto agli abitanti più della Germania stessa, e quest’anno saranno 37.500. Se tutti gli Stati agissero allo stesso modo, noi in Europa potremmo offrire protezione a due milioni di uomini”.

Tusk ha incassato il colpo, riconoscendo il merito all’Austria dell’accoglienza offerta lo scorso anno a 90.000 rifugiati. “L’Austria è nell’occhio del ciclone da mesi – ha dichiarato – e non deve sorprendere che il livello di frustrazione stia aumentando”, ma questo “è esattamente il momento in cui dobbiamo mantenere il sangue freddo e restare concentrati nello sviluppo del piano europeo e metterlo in atto velocemente».

“Tornare ad applicare le regole di Schengen – ha insistito il presidente del consiglio europeo – è l’unico modo di conservare Schengen». La crisi dei migranti non lascia alternative alla reintroduzione dei controlli alle frontiere, ma l’Europa deve agire per ripristinare al più presto la libera circolazione delle persone. Le regole di Schengen prevedono che, in una situazione di emergenza e fonte di rischio serio e prolungato per la sicurezza, uno Stato può chiedere il ripristino dei controlli alle proprie frontiere per periodi da sei mesi fino a un massimo di due anni. Per Tusk, se gli Stati membri decidono di ricorrere a questo particolare dispositivo normativo, “dobbiamo affrontare insieme le conseguenze umanitarie delle nostre decisioni”, e questo vuol dire che “il Paese che dobbiamo aiutare di più sarà la Grecia”.

La tempesta migratoria, che mette sotto pressione i Paesi della rotta balcanica, potrebbe ripercuotersi anche sull’euro. Un allarme in tal senso è stato lanciato per la prima volta dalla cancelliera tedesca, Angela Merkel. La valuta – ha ammonito – potrebbe crollare sotto le spinte della crisi dei rifugiati e del conseguente collasso degli accordi di Schengen con la reintroduzione di controlli alle frontiere nazionali. “Se ricadiamo di nuovo entro i confini di piccoli Stati – ha detto Merkel ieri sera in una riunione di partito – diventerà tutto molto difficile anche per la valuta comune”.

 

NELLA FOTO, il cancelliere austriaco Werner Faymann con il presidente del consiglio europeo Donald Tusk, al termine dell’incontro di ieri a Vienna.

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