Sabato 18 Maggio 2024

22.03.16 Erhard BusekQuando all’ex cancelliere Sebastian Kurz veniva rimproverato di aver tradito i valori di solidarietà e di europeismo del Partito popolare (Övp), di cui era diventato segretario, spesso veniva posto a confronto con alcuni suoi predecessori, in particolare con Erhard Busek (nella foto), convinto cattolico, ma laico e liberale in politica, assertore degli ideali europei. Quando, ormai un quarto di secolo fa, Busek lasciò la politica attiva, non cercò consulenze ben remunerate in qualche banca o presso qualche oligarca russo, ma si dedicò a iniziative di vario genere proiettate soprattutto in quell’area del centro e del sud dell’Europa da poco uscita dal giogo sovietico. Tra i suoi ruoli ricordiamo soprattutto la presidenza dell’Istituto per il bacino danubiano (Institut für den Donauraum und Mitteleuropa) e il coordinamento dell’Iniziativa di cooperazione nel Sud-Est Europa (Southeast European Cooperative Initiative).

Lo ricordiamo oggi perché l’Istituto per il bacino danubiano di cui era presidente ne ha annunciato la morte improvvisa. Tra pochi giorni avrebbe compiuto 81 anni.

Erhard Busek era nato a Vienna il 25 marzo 1941, figlio di un ingegnere e costruttore edile. Dopo la laurea in giurisprudenza e un’esperienza lavorativa nel Wirtschaftsbund (l’associazione imprenditoriale vicina all’Övp) era entrato nella vita politica, diventando nel 1975 deputato al Parlamento. Ma il suo impegno fu inizialmente dedicato soprattutto alla sua città, quella Vienna rossa, da sempre socialdemocratica, dove l’Övp ha avuto e ha oggi un ruolo molto marginale. Con Busek alla guida del gruppo viennese, l’Övp conobbe una stagione di “gloria”, sfiorando il 35%, percentuale mai raggiunta prima, né dopo (attualmente è al 20%).

Dal 1989 Busek svolse attività politica a livello nazionale, diventando ministro per la Scienza e la ricerca nel governo di Franz Vranitzky (Spö) e assumendo due anni dopo anche il ruolo di vicecancelliere. Finché nel 1995 fu messo all’angolo dal nuovo segretario Wolfgang Schüssel (quello che cinque anni dopo averebbe formato il primo governo di centrodestra con Jörg Haider), con una campagna di denigrazione a cui diede un contributo determinante la “Kronen Zeitung”, giornale popolare di modesta qualità, ma capillarmente diffuso (ricorda la Bild tedesca) e in grado di decidere il destino di un politico. Qualche tempo dopo, in un’intervista, Busek rivendicò “di essere sempre stato indipendente dalla Kronen Zeitung” e di “averne pagato il prezzo per questo”. Altri non lo avevano fatto ed erano stati premiati con il successo.

Spirito libero, dotato di uno spiccato senso dell’umorismo e dell’autoironia, non aveva risparmiato critiche anche al suo partito. Alle ultime elezioni presidenziali, per esempio, considerando “troppo vecchio per l’incarico” il candidato dell’Övp, Andreas Khol, aveva sostenuto la candidatura di Irmgard Griss, ex presidente della Corte suprema, presentata da Neos. Pur non svolgendo più politica attiva, era sempre presente nei dibattiti sui temi di attualità. Anche la scorsa settimana, partecipando a una “Podiumdiskussion” dell’Associazione austro-americana, aveva criticato il ruolo dell’Europa nella crisi ucraina, osservando che “risvegliarci un po’ ci farà bene”.

Ma ciò che si ricorderà di più di Erhard Busek è certamente l’attenzione da lui dimostrata verso l’Est Europa, intrattenendo fin dagli anni ’70 del secolo scorso stretti rapporti con i dissidenti nei Paesi satelliti dell’Unione Sovietica. Le sue frequentazioni in Polonia con il movimento di Solidarnosc, nella Ddr, nell’allora Cecoslovacchia dove stava maturando la famosa “primavera” facevano da contrappunto all’atteggiamento ufficiale del governo di Vienna, che invece prediligeva i rapporti di affari con la nomenklatura comunista.

La ricerca delle comune radici nel mondo al di là della cortina di ferro, così vicino e pur così lontano, era stato uno dei motivi che lo avevano indotto anche a partecipare agli Incontri culturali mitteleuropei di Gorizia, di cui era tuttora membro.

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