Domenica 2 Giugno 2024

12.11.16 Villach, mercatino di Natale 2Se ne vanno in Austria le aziende, anche se non in massa, come taluno vorrebbe farci credere. Se ne vanno in Austria le famiglie. Soltanto in Carinzia gli italiani che vi hanno attualmente la residenza sono oltre 3.500 e dal 2009 – da quando cioè in Italia si è incominciata ad avvertire la crisi – l’esodo verso il Land confinante ha assunto un ritmo di 200 emigrati all’anno. L’Austria non è il “paese delle meraviglie”, sia ben chiaro, ma è evidente che offre migliori condizioni per vivere e per lavorare.

Il fenomeno più significativo è quello delle aziende italiane che hanno scelto di investirvi. L’Entwicklungsagentur Kärnten, agenzia del Land che promuove gli insediamenti produttivi, sostiene che negli ultimi 15 anni sono state ben 400 le aziende italiane che hanno avviato un’attività oltre confine, di cui 110 con la sua assistenza. A noi risulta invece che siano soltanto 9, più altre 3 che incominceranno l’attività nel 2015. In tutto 12.

Quali sono le altre 98? L’agenzia non vuole far nomi, richiamandosi a un doveroso riserbo. Forse perché più che fabbriche con macchinari e operai sono semplici uffici di rappresentanza o recapiti postali presso un commercialista compiacente, dietro ai quali c’è il nulla. Forse soltanto finte localizzazioni, come quella dell’imprenditore friulano indagato in ottobre dalla Guardia di finanza per un’evasione di 86 milioni: svolgeva la sua attività in Italia, ma avrebbe fatto credere di averla a Villach, per non pagare le tasse. Abbiamo conservato il suo biglietto da visita: ce lo aveva dato, guarda caso, proprio a uno degli ultimi incontri organizzati dall’Entwicklungsagentur Kärntnen in Friuli. Anche lui ammaliato nel “paese delle meraviglie”?

Al di là tuttavia dei numeri gonfiati, resta la constatazione che le poche aziende “emigrate” hanno trovato ad accoglierle un paese ospitale, meno esoso fiscalmente, con una burocrazia efficiente e una criminalità insignificante. Un paese dove fare impresa è dunque più facile.

Perché ciò accada anche in Italia serve una rivoluzione che un Comune da solo non può fare, perché riguarda i rapporti con il fisco, l’accesso al credito, il diritto del lavoro, la lotta alla criminalità. Coinvolge livelli decisionali che stanno al di sopra dei Comuni e perfino delle Regioni.

Ciò non toglie che anche i Comuni abbiano la loro parte di responsabilità, come ci insegnano le 9 aziende emigrate in Carinzia, che hanno tutte alle spalle storie di incomprensioni con i Comuni da cui provenivano. Una per tutte, quella della Refrion di Talmassons (scambiatori di calore), con sede distaccata a Villa Santina. Nel 2010  ha aperto un nuovo stabilimento a Hermagor, pur mantenendo in funzione quelli in Italia. Prima di prendere la strada per la Carinzia voleva ampliare il capannone di Talmassons, ma aveva atteso inutilmente due anni senza avere risposta dal Comune. A Villa Santina attendeva da 5 anni l’ok della Comunità montana per una variante al tetto dello stabilimento, necessaria per introdurre un nuovo macchinario. Per questo era dovuta emigrare in Carinzia. Non per pagare meno tasse, ma semplicemente per l’inerzia comunale. In Carinzia gli sono bastate quattro settimane per avere tutti i permessi e partire con la produzione.

 

NELLA FOTO, la Hauptplatz (piazza centrale) di Villach. Qui, stando al suo biglietto da visita, dovrebbe avere il suo stabilimento l’imprenditore italiano accusato di “esterovestizione” a scopo di evasione fiscale.

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