La caduta dell’impero di René Benko si sta rivelando il più grande fallimento nell’Austria del dopoguerra. Per ora però la parola “fallimento” non viene ancora menzionata, perché siamo provvisoriamente in una fase di amministrazione autogestita e controllata da un curatore, ma i numeri parlano chiaro: da qualche giorno sappiamo che l’insolvenza del gruppo Signa creato dallo spregiudicato investitore tirolese ammonta a 10,8 miliardi. Ma potrebbe crescere ancora, se altri creditori si faranno avanti.
Fino a ieri il record dei fallimenti spettava all’impresa di costruzioni Alpine Bau, con un buco di 3,2 miliardi. La Signa passa ora in testa con un buco tre volte maggiore. E pensare che negli anni ’90 aveva suscitato scandalo il fallimento di Konsum, la cooperativa di vendita di generi alimentari del Partito socialdemocratico (Spö), non più in grado di far fronte a un indebitamento di “soli” 1,9 miliardi. Sembrava la conferma che i “compagni non sanno fare impresa” e il Partito popolare (Övp) ci aveva marciato sopra per mesi. La holding di Benko, amico dell’ex cancelliere Sebastian Kurz, dimostra che alle volte i liberisti non sanno fare meglio.
Di fronte a questo Everest di debiti i manager chiamati in soccorso, per mettere ordine nel labirinto di società dell’impero Benko, stanno cercando di recuperare risorse dove possono. Sotto questa luce, per esempio, vanno viste le vendite di alcuni immobili di grande prestigio, quali l’hotel Bauer di Venezia, o il jet personale dell’immobiliarista.
Ma, come Paperon de Paperoni insegna, la ricchezza si costruisce anche con le piccole cose, mettendo da parte, per esempio, un euro alla volta (il Paperon di cui sopra avrebbe detto un cent alla volta). Ecco che allora i liquidatori del patrimonio di Signa vendono palazzi e yacht, ma anche suppellettili di casa Benko, comprese quelle di minor valore.
Oggi abbiamo appreso che la casa d’aste Aurena, che ha sede in Stiria, ha ricevuto l’incarico di provvedere alla vendita di 465 oggetti. Lo farà in tre sedute, due il 19 gennaio, la terza il 2 febbraio. Saranno battuti all’asta tutti gli arredi di palazzo Harrach, che si affaccia sul Freyung di Vienna. Qui la Signa Holding aveva la sua sede centrale e, benché si occupasse di acquisto, vendita e ristrutturazione di immobili, quel palazzo non era di sua proprietà. Lo aveva preso in affitto.
Ora che bisogna risparmiare su tutto, i “risanatori” della ditta hanno deciso di recedere dal contratto di locazione e di sgomberare lo storico edificio. Le pagine web di Aurena ci mostrano in fotografia tutti gli oggetti che saranno battuti all’asta. A scorrere quelle immagini ci si sente un po’ voyeur, perché si ha la sensazione di violare l’intimità di Benko, spiando dal buco della serratura su quello che in fondo era stato il suo mondo.
C’è un lussuoso tavolo presidenziale, del diametro di 8 metri, che potrebbe fare invidia a Putin, ci sono varie lampade da soffitto e a stelo di design, poltrone e divani in pelle, sgabelli da bar e divisori in marmo. Tutti oggetti di grande valore, ora in vendita a un prezzo a base d’asta molto contenuto.
E poi ci sono oggetti di minor valore, che tuttavia – nella logica di Paperon de Paperoni – possono contribuire anch’essi a ridurre il passivo fallimentare. Le foto ci mostrano armadi, materiale di cancelleria, fotocopiatrici, telefoni, vasi di piante e anche cose che non ci saremmo mai immaginati di vedere: lo scopino del water insieme con il contenitore della carta igienica. Sono anch’essi oggetti di design, fusi in bronzo; le offerte partiranno da una base di 100 euro.
Dimenticavamo di menzionare lo zerbino. Sì, sarà venduto all’asta anche uno zerbino, su cui appare il logo di Signa, così che a chi se lo aggiudicherà verrà sempre in mento il fu impero immobiliare di Benko, ogni volta che si pulirà le scarpe rientrando a casa.
Queste le pagine web della casa d’aste Aurena, con le foto di tutti gli oggetti che saranno messi in vendita: prima asta del 19 gennaio, seconda asta del 19 gennaio, terza asta del 2 febbraio.
NELLE FOTO, lo scopino del water, lo zerbino con il logo di Signa e, infine, un pouf a sacco, simile a quello su cui avevamo visto rotolare a terra il ragionier Fantozzi davanti al megadirettore, in uno del celebri film di Paolo Villaggio.
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