L’Italia e la Grecia sono i Paesi che pagano il prezzo più alto dell’immigrazione illegale, quella che attraversa avventurosamente l’Egeo o che approda con i barconi alle sponde di Lampedusa. Quante volte lo abbiamo sentito ripetere! Alcuni partiti politici ne hanno fatto il tema principale della loro permanente campagna elettorale.
Ma i conti non tornano. Se si fanno i conti giusti il prezzo più alto di questi ultimi anni lo sta pagando l’Austria. È quanto risulta dall’ultimo “rapporto sull’integrazione” presentato ieri dalla ministra Susanne Raab (nella foto), dell’Övp (Partito popolare).
Dal 2015, anno della grande ondata migratoria, l’Austria ha visto l’ingresso di quasi un milione di profughi, provenienti soprattutto dalla Siria e dall’Afghanistan. La gran parte di essi ha soltanto attraversato il territorio austriaco, per raggiungere la Germania o altri Paesi del Nord Europa, ma oltre 200.000 hanno presentato qui la loro richiesta di asilo. A 118.000 di essi è stata concessa.
In base a questi numeri, l’Austria è il Paese dell’Unione Europea che ha concesso protezione a più persone, in rapporto alla sua popolazione. Al secondo posto viene la Germania, al terzo la Svezia. L’Italia viene dopo.
L’arrivo di un numero così elevato di persone in un Paese che ha meno di 9 milioni di abitanti ha modificato sensibilmente la relazione tra autoctoni e immigrati. Il “rapporto”, di cui ieri è stata presentata una prima sintesi, ci dice che 2.070.100 persone residenti in Austria, quasi un quarto della popolazione, ha alle spalle uno storia di immigrazione. Sono nati in altri Paesi o sono figli i cui genitori o almeno uno dei genitori sono nati in altri Paesi.
Naturalmente non tutti sono siriani, afghani, africani. In quei due milioni e passa ci sono anche molti tedeschi e ci siamo anche noi. Ma le nazionalità che creano più problemi di integrazione sono la prime, che appartengono a culture radicalmente diverse. Per questo di loro si occupa il “rapporto sull’integrazione”.
Negli anni ’90 gli immigrati arrivavano soprattutto dall’Est Europa, finalmente liberata dalle catene del comunismo. Poi si erano aggiunti i fuggiaschi dalle guerre balcaniche. Negli ultimi dieci anni, invece, si è assistito soprattutto a una immigrazione dall’Asia e dall’Africa. Oggi il numero degli immigrati in Austria è del 36% superiore a quello del 2010.
Quanto complicata sia l’integrazione degli ultimi arrivati emerge dai vari temi affrontati dall’indagine pubblicata ieri. Per esempio il rapporto uomo-donna. Nella concezione del mondo dei giovani afghani, il 77% di essi ritiene che tutte le decisioni importanti spettino al maschio; nei siriani la percentuale scende al 58%, nei turchi al 52%. Nei giovani di famiglie austriache questo valore scende al 16%.
Per queste ragioni la ministra Raab ha dichiarato che “davanti a noi si apre una strada accidentata” e che “l’integrazione è un processo che potrà durare decenni”. Ha perfettamente ragione. Basti pensare a quanti decenni sono stati necessari perché nel mondo occidentale le donne avessero gli stessi diritti degli uomini, a cominciare da quello di voto, e come ancor oggi il divario retributivo sia del 14,8% (media europea, fonte Eurostat). Ciò significa che, a parità di prestazioni, la donna guadagna il 14,8% meno dell’uomo. Questo è il dato medio. In Austria la percentuale sale al 19,6%.
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