Lunedì 7 Ottobre 2024

21.01.21 Joe Biden giura su Bibbia 1893; moglie JillÈ un atteggiamento ambivalente quello con cui l’Austria ha seguito ieri la cerimonia di insediamento del nuovo presidente americano, in assenza del suo biondo predecessore. L’uscita di scena di Donald Trump, senza che ci siano stati altri incidenti e altri morti, dopo quelli del 6 gennaio, ha fatto tirare a tutti un sospiro di sollievo. Ma non proprio a tutti. Anche in Austria c’è un’area sovranista che si riconosceva negli slogan dell’ex inquilino della Casa bianca. Un atteggiamento masochista di chi non riesce a comprendere che “America first” può giovare all’America, forse, ma non all’Europa e certo non all’Austria.

E pur tuttavia una truppa di questa destra austriaca ammaliata da Trump e capitanata da Heinz-Christian Strache si era recata quattro anni fa a Washington per assistere al suo giuramento e aveva postato su Facebook e Twitter selfie scattati davanti alla gradinata del Campidoglio. Ma le immagini erano lontanissime dal luogo della cerimonia, perché lo staff del cerimoniale non aveva permesso a loro di avvicinarsi. Tanto per capire quanto contasse la loro presenza per l’entourage dell’”amico presidente”.

Un altro che forse non ha tirato un sospiro di sollievo è Sebastian Kurz, che non ha mai cercato di nascondere il suo debole per Trump. Sentimento del resto ricambiato dal presidente, che vedeva in lui un interlocutore alternativo all’odiata Angela Merkel. Sembra paradossale, ove si consideri il diverso peso geopolitico della Germania e dell’Austria, ma Trump, in un certo senso, è sempre stato un uomo dei paradossi.

Nell’estate scorsa, quindi soltanto pochi mesi fa, l’ambasciatore americano a Vienna, Trevor Traina, aveva dichiarato in un’intervista all’agenzia Apa che i rapporti tra Usa e Austria “non erano mai stati così stretti”. Solo parole di cortesia, per compiacere il Paese di cui era ospite?

Non solo parole, anche fatti. Quanta attenzione l’amministrazione Trump riservasse alla minuscola Austria lo dimostra l’accoglienza in pompa magna del cancelliere alla Casa bianca, nel febbraio 2019. E soltanto un anno dopo il presidente rinnovò l’invito. La seconda visita di Kurz a Washington era già programmata per marzo, ma l’epidemia da Coronavirus fece saltare il viaggio. L’ambasciatore Traina cercò di riorganizzare la traversata atlantica del cancelliere poco prima delle elezioni americane, ma non riuscì nell’intento, complice sempre il virus, che in quel periodo aveva colpito anche Trump.

La solidità dei rapporti tra Vienna e l’amministrazione Trump è provata anche dalla visita in agosto del ministro degli Esteri Mike Pompeo. In quell’occasione il collega austriaco Alexander Schallenberg sottolineò “la grande amicizia” tra gli Usa e l’Austria. Ne aveva tutte le ragioni: quella di Pompeo era la seconda visita di un ministro degli Esteri americano dalla fine della guerra.

Per chi non se lo ricordasse, Schallenberg è quel ministro degli Esteri che ai primi di novembre aveva trasmesso un’istruzione a tutte le ambasciate dell’Austria nel mondo, perché sostenessero la linea di Trump per una rapida conclusione dello spoglio dei voti, se non addirittura per una completa interruzione del conteggio delle schede negli Stati dov’era ancora in corso.

Perché tanta attenzione di Trump nei confronti dell’Austria? Una risposta ci viene forse dalle dichiarazioni rilasciate al quotidiano “Die Presse” da John Bolton, ex consigliere per la sicurezza del presidente. In un’intervista dell’estate scorsa Bolton vedeva nelle intense relazioni diplomatiche tra gli Usa e l’Austria un tentativo di Trump di influenzare il processo decisionale nell’Unione Europea. “In un certo qual modo, Trump vedeva in Kurz un’alternativa alla cancelliera tedesca Angela Merkel”. Parole che sembrano trovare conferma nella dichiarazione rilasciata dall’ambasciatore Traina dopo il ricevimento di Kurz alla Casa bianca: “Il presidente ha parlato con il cancelliere, come se parlasse con l’Europa”.

Con l’ingresso del nuovo inquilino alla Casa bianca la musica cambia e le relazioni privilegiate della Casa bianca con Vienna saranno destinate inevitabilmente a raffreddarsi. Non perché Biden non sia interessato all’Austria, ma perché con la sua linea in politica estera l’America ritornerà al multilateralismo e a un miglioramento dei rapporti con l’Unione Europea nel suo complesso. Il contrario di ciò che voleva Trump, che scommetteva sulla Brexit e puntava a disgregare l’Ue, per poter poi trattare da una posizione di forza con i singoli Paesi membri. Biden, invece, prima ancora di essere eletto aveva dichiarato: “La prima cosa che dovrò fare, e non sto scherzando, è telefonare a ciascun capo di governo e dire: l’America è di nuovo qua, potete contare su di noi”.

Il nuovo presidente telefonerà sicuramente anche al cancelliere di Vienna, ma temiamo che saranno scambiate soltanto parole di circostanza. L’avvicinamento del governo Kurz all’amministrazione Trump degli ultimi anni e le scelte fatte in politica estera nel Medio Oriente o nella controversia con l’Iran hanno lasciato tracce profonde. Per di più l’Austria è un Paese neutrale, mentre per Biden sono importanti gli alleati della Nato. Tutto questo ci fa prevedere che i rapporti di Vienna con Washington non saranno più come prima e ci convince che, sì, “Basti” non deve aver tirato un sospiro di sollievo quando ieri le tv di tutto il mondo trasmettevano il giuramento di Joe Biden, con la mano appoggiata sull’antica Bibbia.

 

NELLA FOTO, il nuovo presidente americano Joe Biden, con accanto la moglie Jill, giura su una Bibbia posseduta dalla sua famiglia fin dal 1893.

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