Dicono che settembre sia il mese della malinconia. Le giornate si accorciano, arrivano le prime piogge (e con esse le basse temperature, che stiamo sperimentando proprio in questi giorni). Soprattutto finiscono le vacanze e, con le vacanze, gli amori giovanili dell’estate. Quegli amori sbocciati in riva al mare e destinati durare quanto le orme dei piedi sulla sabbia, anche se al loro nascere sembrava dovessero durare in eterno. Sono illusioni che chi è stato giovane conosce molto bene.
Alla nostra tarda età non sappiamo se anche oggi sia così, ma un tempo lo era, come ci ricorda la canzone “Melancholie”, scritta da una band austriaca sessant’anni fa. Nel settembre del 1964 diventò in pochi giorni una “hit”, per settimane prima nella classifica dei dischi più venduti in Austria. Più venduta dei Beatles, che proprio in quei giorni avevano pubblicato “A hard day’s night”.
Il segreto del suo successo? “Melancholie” era una lenta ballata, che traeva ispirazione dalla nostalgia di luoghi lontani, del mare tanto sognato dagli austriaci e soprattutto toccava un nervo sensibile del ceto medio austriaco, che si riassume nelle parole: una vacanza nella “Bella Italia”.
Nei versi della canzone – quattro quartine, più due versi isolati alla fine – il mare non viene mai menzionato e non viene menzionata nemmeno l’Italia. Ma è qui che l’amore è nato ed è finito, suscitando la “melanconia” della band. Perché la ragazza che se ne va, salutando per l’ultima volta, non dice “Aufwiedersehen”, ma “Arrivederci”, in italiano. E alla domanda “Ritornerai?” (“Wann kommst du wieder?”), la ragazza non risponde, ma le sue lacrime dicono tutto (“und deine Träne hat mir alles gesagt”).
La band autrice di questo suo straordinario (e unico, per quel che ci risulta) successo discografico si chiamava “Bambis”, perché prendeva il nome da Bambi il personaggio dello scrittore austriaco Felix Salten, poi diventato un cartone animato di Disney. Fino ad allora aveva pubblicato due soli dischi con scarse vendite. Avrebbe rischiato un destino analogo anche “Melancholie”, se nell’estate del 1964 l’Orf non l’avesse mandata in onda in un suo programma radio.
La risposta degli ascoltatori fu immediata e travolgente. La segreteria dell’Orf fu sommersa da telefonate che chiedevano di risentire il brano. Lo sentirono anche quelli dell’etichetta discografica Columbia, che ripubblicò il disco, ottenendo un risultato straordinario di vendite. Presto divenne un successo anche all’estero, dove fu tradotto in 25 lingue.
Fu tradotto anche in italiano e interpretato da Peppino di Capri con il titolo “Un grande amore e niente più”. La melodia è la stessa, ma il racconto è diverso e non riesce a suscitare le emozioni che “Melancholie” aveva suscitato negli austriaci. In Austria rappresentò il primo grande successo di una band. Sessant’anni dopo la canzone dei “Bambis” resta uno dei brani più venduti ed ascoltati assieme alla colonna sonora del “Terzo uomo” e a “Rock me Amadeus”.
Ce lo ha ricordato questa mattina l’Orf nel suo sito web. L’esecuzione originale di “Melanchonie” la si può ascoltare qui. Quella italiana, riproposta da Peppino di Capri, la si può ascoltare qui.
NELLA FOTO, la band “Bambis” ai tempi d’oro. Uno dei suoi componenti è deceduto nel marzo dello scorso anno, gli altri tre sono quasi novantenni.
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