L’ esodo di fedeli dalla Chiesa cattolica sta raggiungendo quest’anno in Carinzia un livello record: quasi 6.000 defezioni. Peggio di così era andata soltanto nel 2010, quando erano venuti alla luce i casi di abusi sessuali nei confronti di minori compiuti da ecclesiastici in convitti e seminari. Ma quella volta il fenomeno coinvolgeva l’intero Paese, mentre ora a soffrirne è esclusivamente la Carinzia.
La causa ha un nome e un cognome: Alois Schwarz, il vescovo che era stato alla guida della diocesi carinziana per 17 anni, fino al 1. luglio del 2018, quando aveva lasciato l’incarico, perché gli era stata affidata la guida della diocesi più grande e più importante di St. Pölten, capoluogo della Bassa Austria. Dopo la sua partenza i canonici del capitolo del duomo avevano potuto prendere in mano i documenti lasciati dal presule, scoprendo quanto ormai si sospettava da tempo: uno sperpero milionario di risorse, reso possibile dalla gestione arbitraria di mons. Schwarz, al di fuori di ogni controllo, con iniziative al limite della legalità, su cui sta indagando ora la magistratura ordinaria.
Allo scandalo dell’amministrazione si era aggiunto quello dell’ambiguo rapporto con una donna, che nel corso degli anni era diventata l’amante del vescovo e da cui mons. Schwarz pareva completamente soggiogato. Al punto che in Curia la donna, non senza malizia, veniva definita la “signora vescovo”, perché era lei a prendere le decisioni più importanti nella gestione dell’episcopato e per le sue mani doveva passare chiunque avesse voluto chiedere o proporre qualcosa al presule.
I risultati si leggono nei numeri dell’esodo, che noi possiamo conoscere in dettaglio per le modalità con cui il Concordato ha disciplinato i rapporti tra Stato e Chiesa in Austria. Qui chi si dichiara cattolico viene registrato in quanto tale e immediatamente è tenuto al versamento di un “Kirchenbeitrag”, un contributo obbligatorio alla Chiesa stabilito nella misura dell’1,1% del reddito, che può poi essere detratto dalle tasse fino a un massimo di 400 euro all’anno. Non equivale al nostro “8 per mille”, che i contribuenti italiani possono scegliere a chi destinare e che non aumenta l’ammontare dovuto al fisco. Il “Kirchenbeitrag” invece è una vera e propria tassa in più e di importo piuttosto consistente.
Chi vuole uscire dalla Chiesa e non essere più tenuto al versamento del contributo può farlo liberamente e gratuitamente, ma deve seguire una procedura complessa, presentando richiesta scritta agli uffici pubblici distrettuali, corredata da documento di identità, certificato di battesimo e altri documenti ancora. L’obbligo di versare il contributo cessa dal mese successivo a quello della presentazione della domanda. Ed è un obbligo giuridico reale, il cui mancato adempimento equivale a evasione fiscale.
Questa è la ragione per cui conosciamo il numero esatto di quanti hanno deciso di lasciare la Chiesa (ma anche di quanti hanno deciso di aderirvi, che sono per lo più immigrati di religione cristiana o convertitisi al Cristianesimo). Il numero di 6.000 esodi menzionato sopra non è quindi il risultato di un sondaggio, ma il dato reale registrato nero su bianco agli uffici distrettuali. Fino a novembre i fuoriusciti erano 5.527, per cui è lecito ritenere che in dicembre si sfiorerà o forse supererà la soglia dei 6.000.
Il record precedente, come dicevamo, risale al 2010, l’anno degli abusi sessuali su minori, ed era di 5.639 uscite, contro una media annuale di 3.000-3.400. E ora stiamo assistendo a una nuova ondata di uscite dovute al “System Schwarz”. Il fenomeno si era fatto sentire già nella seconda metà del 2018, con un aumento delle uscite del 16,8%, il più alto in Austria. La situazione è nettamente peggiorata quest’anno.
Il danno per la Chiesa è doppio. In primo luogo perché non se ne vanno i cattolici più tiepidi e poco praticanti, ma proprio quelli più impegnati nella missione pastorale. È un gesto di protesta e di disgusto il loro.
Il secondo danno è finanziario: meno fedeli risultano iscritti alla Chiesa cattolica all’anagrafe, meno soldi incassa la diocesi. Il Kirchenbeitragsstelle, ufficio che si occupa della riscossione di questa “tassa”, fa tutto quello che può per frenare l’esodo, giungendo anche a minacciare i “fuggitivi”, ricordando loro che chi non paga il “Beitrag” non potrà ricevere i sacramenti, non potrà sposarsi con rito religioso, non potrà nemmeno ricevere una cristiana sepoltura con relativa liturgia funebre. Insomma, un dare e avere di soldi e di servizi religiosi che aggiunge scandalo a scandalo.
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