La decisione di Recep Tayyip Erdogan di aprire i cancelli ai profughi trattenuti finora in Turchia (3,7 milioni) e di lasciarli liberi di marciare verso l’Europa – la loro “terra promessa” – ha risvegliato negli austriaci gli incubi del 2015. Sul finire di quell’anno l’Austria si trovò invasa da centinaia di migliaia di uomini e donne in fuga dalla Siria, dall’Afghanistan, dall’Iraq. La gran parte si limitò ad attraversare il Paese, puntando verso la Germania e il Nord Europa, ma quasi 90.000 chiesero asilo in Austria.
Fu un fiume in piena, che all’improvviso ruppe gli argini prima ai valichi con l’Ungheria, poi a quelli con la Slovenia, in particolare al valico di Spielfeld, attraversato ogni giorno da 5-6 mila persone, a volte addirittura 10 mila o più, quanti attualmente ne arrivano nel giro di mesi.
Polizia ed esercito non furono in grado di fermare quella massa disperata e il cancelliere Sebastian Kurz non vuole che situazioni del genere si ripetano. Rimprovera di continuo l’Italia di non saper chiudere le sue frontiere, che sono soprattutto frontiere marittime. Figuriamoci se ora sarebbe disposto a lasciare aperte quelle del suo Paese che si affacciano sui Balcani.
Già sabato si è affrettato a sollecitare l’intervento dell’Europa. “Una situazione come quella del 2015 – ha dichiarato – non può ripetersi in nessun caso. Il nostro obiettivo dev’essere proteggere i confini esterni dell’Unione Europea come si deve, fermare i clandestini e impedire loro di attraversare il territorio europeo”.
L’Austria, ha soggiunto, è pronta a schierare la propria polizia a protezione del confine esterno. “Siamo in continuo contatto con i nostri partner dell’Ue e lungo la rotta balcanica. Se la difesa dei confini esterni non dovesse riuscire, allora l’Austria difenderà i suoi”.
Più facile a dirsi che a farsi. Quando i profughi arrivano alla spicciolata è facile intercettarli e rispedirli indietro. Ma se dovessero arrivare in massa come nel 2015? Ieri mattina, secondo fonti governative turche, oltre 76.000 profughi avevano raggiunto i confini greco e bulgaro, mentre altri premevano alle loro spalle. La polizia greca ha usato le maniere forti per fermarli, ricorrendo anche all’uso di lacrimogeni. Se anche solo una parte di questa folla dovesse arrivare al confine austriaco le strutture e le recinzioni allestite negli scorsi anni non riuscirebbero a fermarla. A meno che non sia dato l’ordine alle polizia di sparare.
È uno scenario impensabile, che per la componente verde del governo, ma anche per una parte di popolari sarebbe inaccettabile. Se ne rende ben conto Kurz, le cui dichiarazioni populiste sulla chiusura dei confini si reggevano soltanto finché Erdogan teneva chiusi i cancelli. Per questo lui e il suo ministro degli Interni, Karl Nehammer, insistono per la difesa dei confini esterni. Perché gli interventi repressivi della polizia, se ci saranno, non avvengano su suolo austriaco e davanti gli obiettivi delle telecamere dell’Orf.
NELLA FOTO, profughi al valico di Spielfeld nell’autunno 2015.
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AGGIORNAMENTO CORONAVIRUS. Il numero dei contagiati in Austria sale di giorno in giorno, ma almeno per ora con una progressione modesta. Ieri le persone risultate positive al test erano 14, quattro in più rispetto a sabato. Il numero maggiore (8) si trova a Vienna, 2 in Tirolo, 2 in Bassa Austria, uno nel Salisburghese e uno in Stiria. Il Ministero della Sanità ha comunicato che fino a ieri mattina erano stati effettuati 1.826 tamponi.
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