Il previsto sommovimento a destra dell’Austria c’è stato. Come era avvenuto in Francia, come era avvenuto prima ancora in Ungheria e in qualche altro Paese europeo. Gli austriaci chiamati ieri al voto per il rinnovo del Parlamento, hanno premiato l’Fpö, il partito della destra radicale, xenofoba, sovranista e anche un po’ neonazista, come recentissimi episodi hanno dimostrato al di sopra di qualsiasi dubbio. L’Fpö ha ottenuto il 28,8%, guadagnando quasi 13 punti percentuali rispetto alle precedenti elezioni del 2019 e diventando così il primo partito in Austria. Non era mai accaduto dal 1945 a oggi.
L’Övp, il partito del cancelliere uscente Karl Nehammer, si è dovuto accontentare del 26,30% (meno 11,16% rispetto alle precedenti elezioni). Era un calo largamente previsto e quasi “metabolizzato”, ma gli ultimi sondaggi avevano segnalato un ingannevole recupero di consensi, tanto da indurre a ipotizzare un “testa a testa” tra Fpö e Övp. Le urne hanno dato un risultato diverso, anche se lo scarto notevole di voti rispetto a 5 anni fa ha una spiegazione abbastanza semplice.
Nel 2019 l’Fpö si stava appena leccando le ferite del cosiddetto “scandalo di Ibiza” (erano state rese pubbliche le trattative avviate dall’allora segretario dell’Fpö, Heinz Christian Strache, per affidare appalti a un imprenditore russo, in cambio di tangenti), che aveva avuto un costo elevatissimo in termine di voti. L’Övp, invece, era ancora sulla cresta dell’onda, grazie all’allora cancelliere Sebastian Kurz. Ieri quello scandalo era ben che dimenticato e Ibiza era tornata ad essere solo un’isola, mentre l’Övp, perduta la guida di Kurz (anche lui per uno scandalo), non aveva trovato in Nehammer un leader sufficientemente carismatico.
Il resto del quadro politico presenta anch’esso alcuni aspetti interessanti. Il primo riguarda l’Spö (Partito socialdemocratico), votato dal 21% degli elettori. Il risultato è simile a quello di 5 anni fa, ma brucia molto di più, perché per la prima volta nella sua storia i socialdemocratici sono al terzo posto. Per mezzo secolo avevano condiviso la stanza dei bottoni con l’Övp, in quella che, sul modello tedesco, era chiamata la “Grosse Koalition”. Ora quella coalizione non è più “grosse” e non raggiungerebbe nemmeno il 50% per governare. Già si parla di dimissioni del segretario Andreas Babler, in carica da appena un anno, anche se un’ipotesi del genere è stata seccamente smentita ieri in sala stampa.
Vengono poi i Verdi e Neos (liberali, di centro). I primi hanno subito un crollo all’8,30% (-5,6). È il prezzo che hanno dovuto pagare per essere stati “junior partner” dell’Övp nel governo uscente. Nonostante i successi su molti fronti (basti pensare al Klimaticket, che ha rivoluzionato il modo di viaggiare e che qualche giorno fa ha superato i 300.000 utenti), gli elettori hanno voltato loro le spalle, rimproverandogli di aver ceduto a troppe richieste dei popolari.
I Neos hanno ricevuto pochi voti in più dei Verdi (9,10%), ma essi lo considerano un successo. Hanno consolidato la loro presenza in Parlamento (non scontata per un partito di recente costituzione) e soprattutto hanno in mano carte migliori per poter far parte di un governo di coalizione a tre.
Il quadro finisce qui, perché né i comunisti, né la Bierpartei hanno superato la soglia del 4% per entrare in Parlamento. Il Kpö (presente a tutte le elezioni, ma senza successo, dal 1959) si è fermato al 2,40%, il Partito della birra al 2,00.
Torniamo all’Fpö. Da ieri è il partito più votato e, al tempo stesso, il partito più isolato. Lo si è visto con chiarezza nelle interviste rilasciate congiuntamente dai leader di tutti i partiti all’Orf, l’emittente pubblica austriaca. Non che il suo segretario, Herbert Kickl, sembrasse un appestato, ma tutti gli altri interlocutori lo hanno tenuto a distanza. In pratica, Kickl non se ne farà nulla della sua vittoria, non trovando nessuno disponibile ad allearsi con lui.
Significa, quindi, che l’Austria in futuro potrebbe essere governata da una coalizione dei perdenti. Sulla carta è più che possibile. È possibile persino una coalizione tra Övp e Spö, come ai vecchi tempi. Ma è presto per trarre conclusioni. C’è chi non esclude che l’Övp, troppo abituata a stare al governo (lo è ininterrottamente da quasi 40 anni), accetti di allearsi con l’Fpö, pur di continuare a farlo.
Ora però la parola passa al capo dello Stato, Alexander Van der Bellen, che dovrà affidare a qualcuno l’incarico di formare il governo. Di solito la scelta cade sul partito più votato, in questo caso l’Fpö di Kickl, ma non basta. È necessario che questi disponga anche di una maggioranza. Se Kickl non riuscirà a farlo, la palla passerà a Nehammer e poi si vedrà.
NELLA FOTO, il segretario dell’Fpö, Herbert Kickl, nel giorno del suo trionfo.
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