Martedì 3 Dicembre 2024

10.04.10 1221146590_flagge_oe_flaggeL’Austria è un Paese demograficamente in crescita. Di anno in anno sale il numero dei suoi abitanti. Lo dice Statistik Austria, istituto che svolge le stesse funzioni dell’Istat in Italia, ma lo si evince facilmente anche da un semplice confronto tra edizioni diverse di guide turistiche. Quella del Touring club italiano, per esempio, riferisce che al censimento del 1991 gli abitanti erano 7.795.800, mentre nel 1993 erano già saliti a 7.991.500. È bastato poco per superare la fatidica soglia degli 8 milioni. E quest’anno, come ci informa Statistik Austria, siamo arrivati a 8.375.000.

Inutile dire che il “merito” non è degli austriaci doc, che sono poco prolifici come gli italiani e come quasi tutti i loro colleghi dei Paesi occidentali. L’aumento della popolazione è dovuto soprattutto all’immigrazione, perché il saldo tra persone che se ne vanno e persone che arrivano è positivo e perché chi arriva appartiene spesso a culture in cui la famiglia numerosa è considerata ancora un valore e non un problema.

In proposito le cifre parlano chiaro. Nel 2009 la popolazione austriaca è cresciuta di 19.600 unità (+0,2%), ma al suo interno la componente con radici straniere è cresciuta di 25.000 unità (+2,9%), il che significa che la crescita in proporzione alle persone è stata 15 volte superiore. E significa anche che, senza la presenza straniera, la popolazione austriaca nel 2009 sarebbe calata, essendo negativo il saldo tra nascite e decessi. Il risultato è che attualmente il numero degli stranieri in Austria rappresenta il 10,7% della popolazione complessiva.

C’è da essere preoccupati? Molti austriaci lo sono. Temono lo snaturamento del Paese, contaminato da culture estranee. I partiti dell’estrema destra, fiancheggiati dalla “Kronen Zeitung”, giornale popolare ad altissima tiratura, evocano scenari inquietanti, costellati da minareti e chioschi di kebab, assordati da lagne mediorientali che presto faranno tacere gli jodler tirolesi. Sono preoccupazioni da prendere considerazione, ma che non trovano conferma negli analisti di fenomeni demografici e migratori.

È sempre accaduto in passato (e non si vede perché non debba accadere in futuro) che la cultura dominante abbia finito per assimilare e integrare quelle dei nuovi venuti. È accaduto anche in Austria. Se 10,7% di stranieri oggi può sembrare una proporzione elevata, sorprenderà apprendere – ma per gli addetti ai lavori non è una novità – che negli ultimi anni dell’impero absburgico la percentuale degli “stranieri” era addirittura superiore. Abbiamo messo tra virgolette la parola “stranieri”, perché nell’impero un bosniaco, un galiziano, un dalmato non erano considerati tali. Lo sono diventati dopo la caduta dell’impero, quando “l’Austria – per usare la definizione di George Clemenceau – è ciò che resta”. Nella minuscola Austria del 1934, per esempio, gli stranieri rappresentavano l’11,6% della popolazione.

La situazione di cent’anni fa è molto simile a quella attuale. Anche allora, come oggi nell’Ue, c’era libertà di circolazione per le persone. E anche oggi, come allora, la maggior parte degli immigrati in Austria provengono da Paesi che già fanno parte dell’Ue (come un secolo fa facevano parte dell’impero absburgico). E ciononostante l’Austria che ci viene restituita dopo cent’anni è sempre quella di Mozart e di Strauss. Contaminazioni ci sono sicuramente state, ma più che snaturare il mondo austriaco lo hanno arricchito. Nella gastronomia, per esempio: senza gli apporti boemi, ungheresi o balcanici la cucina austriaca non sarebbe più la stessa.

Lascia un commento