Lunedì 2 Dicembre 2024

08.11.13 02 Klagenfurt, palazzo del governo regionale; presidente Gerhard DörflerAnche il governatore della Carinzia Gerhard Dörfler è intervenuto ieri sulla sentenza della Corte europea per i diritti dell’uomo, che ordina all’Italia di togliere il crocefisso dalle aule scolastiche. “È del tutto impensabile – ha dichiarato – che i giudici di Strasburgo conducano una crociata contro il crocefisso. Questo è un altro passo che ci allontana dalla morale, dall’etica e dalla fede cristiana. Non c’è da meravigliarsi, perciò, se sono sempre più numerosi gli austriaci che volgono le spalle a questa Europa amorale”. E ancora: “Noi, in Carinzia, non permetteremo in alcun modo che la nostra fede cristiana sia messa in discussione”. Parole energiche e inequivocabili, che confermerebbero l’idea che tutti abbiamo di un’Austria cattolicissima e di un sistema politico schierato al fianco della Chiesa. Ma è davvero così? Un tempo certamente sì, ma ora non più. Ormai da oltre mezzo secolo le cose sono cambiate. Non soltanto per la secolarizzazione della società, documentata dal graduale ma costante esodo di fedeli dalla Chiesa cattolica e da quella protestante (ne abbiamo fatto cenno ieri); non soltanto perché tra i cittadini austriaci che si sono dichiarati ufficialmente cattolici all’anagrafe, soltanto una parte sempre più ristretta è praticante. Ma anche perché il legame che in passato aveva unito saldamente gerarchie ecclesiastiche e potere temporale è stato definitivamente sciolto dopo la fine della seconda guerra mondiale.

Al tempo degli Absburgo. Che nell’impero absburgico la Chiesa fosse un pilastro dello Stato, accanto all’aristocrazia, alla burocrazia e all’esercito, è fuori discussione. L’alleanza fra le due istituzioni, definita un tempo “matrimonio fra trono e altare”, era un prodotto della Controriforma. La monarchia sosteneva la Chiesa, accordandole privilegi (nella scuola, nel diritto matrimoniale, nelle proprietà immobiliari, nel trattamento fiscale), e la Chiesa difendeva la monarchia, presentandola come forma di governo derivante per necessità dal diritto naturale, se non direttamente da Dio.

Un cancelliere con la tonaca. Questa intesa collaudata con successo in secoli di reciproco appoggio era crollata nel novembre 1918 assieme all’impero. Ma la Chiesa aveva saputo subito adattarsi alla nuova situazione, accettando il sistema democratico parlamentare, fin prima inviso, e trovando in esso un nuovo alleato: il partito cristiano-sociale, nato sul finire del secolo precedente. È a questo movimento politico, ispirato alla dottrina sociale cattolica, che l’episcopato e il clero austriaco concedono il loro appoggio, schierandosi al suo fianco e dichiarando inamissibile il voto all’altra grande forza politica del tempo, quella socialdemocratica, da cui sarebbe derivato l’austromarxismo.

In una nazione a quel tempo spaccata in due campi o “lager” – da una parte la classe operaia rappresentata dal partito socialdemocratico, dall’altra la borghesia e insieme il mondo agricolo, rappresentati dal partito cristiano-sociale – la Chiesa si schiera nettamente con il secondo, fornendogli non soltanto un aiuto esterno, ma l’appoggio organico di tutte le sue associazioni laiche e attuando quel “cattolicesimo politico”, che tra il 1920 e il 1932 vedrà più volte cancelliere addirittura una prelato, Ignaz Seipel.

Verso l’austrofascismo. Nessuna meraviglia, dunque, se nel 1934, quando il partito cristiano-sociale diventa “fronte patriottico” e il sistema parlamentare si trasforma nella dittatura austrofascista, i vescovi austriaci non hanno alcuna esitazione a riconoscere il carattere cristiano del nuovo stato corporativo autoritario, che ha per simbolo una croce. E nei cinegiornali dell’epoca, accanto a Engelbert Dolfuss, il piccolo “duce” austriaco, compare sempre la figura di un sacerdote. L’area del socialismo religioso, minoritaria all’interno della Chiesa austriaca, scompare del tutto dopo la pubblicazione della “Quadragesimo anno”, enciclica che dichiara impossibile essere cattolici e al tempo stesso socialisti. Un esito funesto, perché indirizzerà anche molti cattolici verso il nazionalsocialismo e soprattutto perché creerà una barriera insuperabile tra il mondo cattolico e il mondo operaio destinata a durare fino agli anni ’70, quando avverrà finalmente un riavvicinamento, grazie a due figure straordinarie di quel tempo, il cancelliere socialdemocratico Bruno Kreisky e il cardinale Franz König.

L’Anschluß al Terzo Reich. L’austrofascismo si conclude tragicamente nel 1938, con l’Anschluß dell’Austria al Terzo Reich. E ancora una volta la Chiesa ufficiale si adatta ai nuovi padroni. Già nei primi giorni dell’annessione il cardinale e vescovo di Vienna Theodor Innitzer incontra Adolf Hitler e nel plebiscito indetto alla fine di quel mese tutti i vescovi invitano i fedeli a votare a favore. Ma l’idillio dura poco. I nazisti perseguitano i cattolici del precedente stato corporativo (che finiscono in carcere assieme ai socialisti, fino al giorno prima loro nemici), chiudono le scuole cattoliche, impediscono alle organizzazioni cattoliche di svolgere la loro opera. Le manifestazioni di protesta scoppiate a Vienna dopo una predica del cardinale Innitzer hanno come conseguenza la distruzione del palazzo arcivescovile da parte delle camicie brune.

È interessante notare che l’opposizione della Chiesa al nazionalismo non è motivata dal dominio del terrore instaurato da Hitler, dalla persecuzione degli ebrei e degli zingari, dalla deportazione in campi di concentramento e dalla eliminazione fisica degli avversari politici, compresi i dirigenti cattolici dell’austrofascismo. No, la Chiesa insorge quando i nazisti mettono in discussione i suoi privilegi, chiude le sue scuole e le sue organizzazioni laiche, la obbliga a limitarsi alla sola cura delle anime.

Il documento di Mariazell. Un atteggiamento ambiguo e opportunista, che però mette ancor più in risalto la svolta sorprendente e radicale avvenuta nell’immediato dopoguerra. Nell’Austria che risorge dalle macerie, la “nuova” Chiesa cattolica decide di non interferire più nel gioco politico e di non appoggiare più alcun partito. Lo stesso Partito popolare (erede diretto dei cristiano sociali e poi degli austrofascisti) evita di definirsi cristiano (come farà al contrario la Democrazia cristiana in Italia) e non può più contare sull’appoggio della Chiesa. Un principio di separazione tra Chiesa e Stato che sarà solennemente sancito in un documento approvato dal Congresso nazionale cattolico di Mariazell, nel 1952, e sempre rispettato in seguito. L’eventuale applicazione anche all’Austria della sentenza della Corte di Strasburgo sui crocefissi nelle scuole consentirà di verificare se, dopo oltre cinquant’anni, l’impegno assunto a Mariazell è ancora valido.

Nella foto, il governatore della Carinzia Gerhard Dörfler, pronto a difendere i crocefissi nelle scuole contro il diktat della Corte europea per i diritti dell’uomo che vorrebbe farli togliere.

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