Giovedì 12 Giugno 2025

Graz celebra in questi mesi i 400 anni di uno dei suoi palazzi più straordinari, residenza della famiglia principesca degli Eggenberg, da tempo estinta. L’edificio si trova alla periferia ovest della città ed è caratterizzato da un simbolismo meticoloso, quasi ostinato – nel numero delle finestre, dei piani, delle decorazioni – di cui avevamo ampiamente riferito in questo blog il 3 marzo scorso. Alla ricorrenza la città ha dedicato una mostra multimediale dal titolo “Ambizione & Illusione”, che potrà essere visitata fino al 2 novembre.

Gli Eggenberg segnarono la storia di Graz, ma solo pochi sanno che, per alcuni anni, segnarono anche la storia di Gradisca d’Isonzo, oggi in provincia di Gorizia, ma fino al 1918 parte dell’impero asburgico. Nel 1647, infatti, l’imperatore Ferdinando III vendette il capitanato di Gradisca a Johann Anton von Eggenberg. Non fu proprio un affare (per l’Eggenberg) e non durò nemmeno a lungo: la dinastia degli Eggenberg si estinse nel 1717 con la morte, a 13 anni, dell’ultimo discendente, Johann Christian. Poi il territorio ridivenne a pieno titolo dominio asburgico.

Sulla presenza degli Eggenberg a Gradisca ha scritto lo storico Silvano Cavazza in un saggio dal titolo “Gradisca: la città e il castello”. Ne pubblichiamo uno stralcio.

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All’inizio del 1647 l’imperatore Ferdinando III vendette il capitanato di Gradisca a Johann Anton (Giovanni Antonio) von Eggenberg, duca di Krummau. L’interminabile Guerra dei Trent’Anni (1618-1648) aveva avuto effetti devastanti sulle finanze degli Asburgo d’Austria e il sovrano aveva un assoluto bisogno di liquidità: Johann Anton per l’acquisto pagò 315.000 fiorini renani, di cui 200.000 versati subito come anticipo; cancellò inoltre vecchi crediti che vantava col governo di Vienna. La famiglia Eggenberg, di origine stiriana (possedeva una splendida residenza alla periferia di Graz), era favolosamente ricca. Il padre di Johann Anton, Hans Ulrich (1568-1634), era stato l’uomo più potente della corte di Graz sotto l’arciduca Ferdinando, continuando la sua ascesa economica quando questi divenne imperatore. Gli ambasciatori veneziani, solitamente ben informati, gli attribuivano rendite per 600.000 fiorini all’anno. Il solo ducato di Krummau, ai confini meridionali della Boemia (ora Český Krumlov nella Repubblica Ceca), comprendeva tre città, altrettanti mercati (Märkten) con le loro pertinenze e 313 villaggi. I possessi della famiglia erano tuttavia feudi austriaci o della corona boema: Johann Anton aspirava invece al rango di principe immediato dell’Impero, senza la dipendenza da un sovrano che si interponesse tra lui e l’imperatore.

Ferdinando III trasformò il capitanato di Gradisca in contea principesca dell’Impero (lo stesso rango che era spettato fino all’anno 1500 ai conti di Gorizia), consentendo così agli Eggenberg di avere un seggio alla dieta imperiale. Difficile dire se l’operazione avesse reali fondamenti dal punto di vista giuridico. Anche se era stata riconosciuta l’indipendenza del capitanato da Gorizia, gli Asburgo lo avevano comunque trattato sempre come un proprio dominio diretto: il territorio era entrato a far parte dell’Austria Interna e l’arciduca Carlo (nonno di Ferdinando III) vi si era recato nel 1567 per ricevere l’omaggio dei sudditi. D’altra parte se l’imperatore avesse venduto Trieste, come era stato ventilato in quegli anni, è sicuro che i suoi consiglieri avrebbero trovato una giustificazione legale anche per questa cessione. Erano tempi di esasperato formalismo giuridico, ma di altrettanta facilità nel manipolare il diritto. Nel 1719 l’imperatore Carlo VI compì un’analoga operazione a favore della famiglia Liechtenstein, grazie alla minuscola contea alpina di Vaduz: il principato di Liechtenstein è ancora lì, sopravvissuto all’Impero che lo aveva creato.

Per Johann Anton l’acquisto non fu un buon affare: per contratto gli sarebbero spettati 58 villaggi, ma alla fine ne ottenne solo 42; le rendite di alcune località inoltre erano già state cedute ad altri creditori degli Asburgo o erano rimaste di competenza della camera fiscale di Graz; infine le spese per la difesa del territorio rimanevano tutte a carico del nuovo signore. Per fare un esempio: l’Eggenberg aveva avuto Gradisca, proprietà demaniale, ma le rendite delle case e dei terreni dentro la cerchia delle mura erano tuttora impegnate ai Della Torre; della città quindi gli rimaneva la “sola circonferenza e recinto di quella”, come protestò l’incaricato della trattativa. Quanto al castello, l’acquirente aveva l’obbligo di mantenere la guarnigione; al comandante austriaco venne però subito ordinato di portar via i cannoni e le polveri da sparo, trasferendoli a Trieste. Quando si accorse che le rendite effettive del nuovo stato erano sì o no 3000 fiorini, di fronte ai 12.000 promessi, il duca voleva annullare l’accordo; gli vennero però concessi alcuni aggiustamenti territoriali, tanto che i villaggi cedutigli diventarono 52, qualche volta semplicemente dando nomi diversi alle frazioni di una stessa località. Alla fine Johann Anton ratificò l’acquisto. Il principato in ogni caso non gli portò fortuna: morì a Lubiana il 19 febbraio 1649, due anni dopo aver ottenuto il titolo, quando non aveva ancora quarant’anni. La reggenza passò alla vedova Anna Maria, nata Brandeburg-Bayreuth, che assunse la tutela dei due eredi ancora bambini.

In una situazione del genere, il passaggio dei poteri tra gli Asburgo e gli Eggenberg fu alquanto confuso; la figura più rappresentativa nella fase di transizione fu il vecchio Riccardo di Strassoldo-Villanova, che venne subito nominato maresciallo della nuova contea: in questa veste il 15 giugno 1647, nella chiesa dei Serviti, prestò il giuramento di fedeltà al nuovo sovrano a nome del territorio. Il 15 dicembre seguente Strassoldo convocò gli Stati Provinciali gradiscani, ossia l’organo di autogoverno della contea: si radunarono in 24, 19 laici e 5 ecclesiastici (tutti già appartenenti all’analoga assise goriziana), nella residenza dello stesso Strassoldo a Farra, dato che non c’era una sede propria. Furono eletti immediatamente dieci nuovi membri, mentre altri sette furono aggiunti nella seconda riunione, in gennaio. Tra i nuovi componenti della Convocazione gradiscana (questo fu il nome ufficiale) ci furono vari professionisti e ricchi proprietari terrieri: il medico Antonio Zucchelli, l’avvocato Lorenzo Baselli, Antonio Wassermann, Ottavio Novelli, Niccolò Andriani. Nei decenni precedenti i nomi di queste e di altre famiglie in seguito aggregate agli Stati Provinciali compaiono spesso nelle liste delle donazioni fatte alle due maggiori chiese della città: a testimonianza che si era già formata un’élite locale del censo e delle professioni, accanto a quella della nobiltà. L’organo di autogoverno aveva fretta di crescere, anche per le spinte dal basso: nel corso di un decennio la Convocazione riuscì ad avere più di cento membri. Essa aveva cominciato a funzionare, distribuendo cariche, prima ancora che Eggenberg avesse sciolto le sue riserve sull’acquisto della contea.

Riccardo di Strassoldo ricoprì anche la carica di capitano, prima di morire nel 1651 a ottant’anni. Nel periodo iniziale la reggente Anna Maria nominò vari altri capitani, anche forestieri, senza però trovare nessuno che fosse veramente valido per l’incarico; nel 1656 infine designò Francesco Ulderico Della Torre, che aveva solo ventisette anni. Era il primogenito di Gianfilippo, signore di Duino e di Sagrado, già buon amico di Hans Ulrich von Eggenberg, da cui Francesco aveva preso il secondo nome (col quale peraltro non si firmò mai). Con lui i Della Torre ritornarono a occuparsi a fondo di Gradisca, come la famiglia aveva fatto per tutti i decenni centrali del Cinquecento; il nonno di Francesco, Raimondo, aveva invece preferito a spostare i suoi interessi verso Duino, dove aveva raccolto l’eredità degli Hofer. Francesco a Gradisca fece una carriera velocissima: nel 1655 era stato nominato dalla reggente maresciallo ereditario della contea, carica che era rimasta vacante dopo la morte di Riccardo di Strassoldo; l’anno dopo assommò a essa l’ufficio di capitano. Divenne in questo modo sia il massimo rappresentate del sovrano, sia il presidente dell’organo di autogoverno: la vita politica della contea era interamente nelle sue mani. Mantenne questi incarichi per quarant’anni, fino alla morte nel 1695, anche se nel 1679 venne inviato ambasciatore imperiale a Venezia; suo vicario come vice-capitano fu il fedele Giulio De Fin, che aveva sposato una sua sorella.

Si può dire che Francesco Della Torre fosse l’effettivo signore di Gradisca. Nei primi vent’anni di governo sistemò la struttura amministrativa, le finanze, la giustizia, la viabilità, il corso dei fiumi (causa di disastrose inondazioni). Si occupò anche della difesa. Nel castello aveva trovato una guarnigione di una novantina di soldati imperiali, per la metà tedeschi, pagati irregolarmente, rissosi e prepotenti, completamente estranei dalla vita cittadina; garantì la corresponsione degli stipendi, ma pretese che fosse ripristinata la disciplina. Accanto a loro creò una vera e propria milizia gradiscana, che contava un migliaio di uomini a piedi delle cernide e una compagnia a cavallo di 120 elementi, arruolati tra i nobili e i possidenti. Usava certamente metodi autoritari: per esempio, limitò fortemente la nomina di nuovi membri degli Stati Provinciali e nelle aggregazioni favorì sempre i propri candidati. Nei suoi confronti ci furono varie proteste e denunce anonime, che furono prontamente respinte: il capitano godeva della piena fiducia degli Eggenberg. I sovrani peraltro rimasero sempre lontano, facendo nella contea solo brevi e sporadiche apparizioni: si può senz’altro dire che per essa non spesero più nemmeno un fiorino del loro grande patrimonio.

Sotto Francesco Della Torre Gradisca assunse la fisionomia di una vera capitale. Aumentarono i commerci; nel 1670 venne istituito il Monte di Pietà, collocato in un elegante palazzetto; nel 1688 la Convocazione stabilì l’edificazione della Loggia dei Mercanti. La nobiltà e i possidenti, che prima vivevano per lo più in campagna, cominciarono a trasferirsi all’interno delle mura. Entro la fine del secolo sorsero alcune dimore patrizie di buona qualità: casa de’ Portis, casa Wassermann, casa Salamanca, palazzo Comelli. Lo stesso Francesco Della Torre decise la costruzione di una residenza adeguata al suo rango, sui terreni di proprietà della famiglia a ridosso della chiesa di San Salvatore. Gli storici dell’arte tendono a datare lo splendido palazzo Della Torre (Torriani) al primo quarto del secolo XVIII e forse avranno le loro ragioni: ma certamente l’impianto dell’edificio fu deciso da Francesco in persona, negli anni in cui fu ambasciatore a Venezia. La facciata con lo scalone che dà sull’antica ruga Catalana ricordano da vicino l’analogo prospetto del monastero benedettino di San Giorgio, sull’isola omonima della Laguna, portato a termine da Baldassarre Longhena intorno alla metà del Seicento: il diplomatico, cattolico devoto, avrà avuto molte occasioni per ammirarlo.

Francesco Della Torre non volle che la sua eredità politica andasse dispersa. Non si era mai sposato, ma fece in modo che il nipote Luigi Antonio (1662-1723) gli succedesse nelle cariche di capitano e maresciallo. Questi certamente non ebbe la personalità dello zio, ma sotto il suo governo Gradisca continuò a prosperare: nuove dimore patrizie andarono ad aggiungersi a quelle del secolo XVII, per esempio casa Brumatti e il rifacimento di palazzo Strassoldo. La dinastia degli Eggenberg non era però destinata a durare a lungo: il 23 febbraio 1717 morì a tredici anni Johann Christian, ultimo erede maschio della famiglia; suo padre Johann Anton (II) era morto l’anno prima; suo nonno Johann Seyfried, figlio del primo conte di Gradisca, nel 1713. Secondo il contratto di vendita il territorio divenne a pieno titolo dominio asburgico. Luigi Antonio Della Torre lasciò immediatamente il governo della contea e si trasferì a Duino: il suo posto venne preso da Johann Joseph von Wildenstein, capitano di Gorizia, che riunì in sé le due cariche, rimaste però ancora formalmente separate.

NELLE FOTO, il palazzo Eggenberg di Graz e, nel dipinto, Johann Anton von Eggenberg, primo principe di Gradisca e duca di Krumau.

 

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