Martedì 3 Dicembre 2024

09.11.11 02 Klagenfurt, sede centrale di Hypo Group Alpe AdriaQualche giorno fa una lettrice chiedeva quali fossero le ragioni del crac di Hypo Group Alpe Adria (si vedano i commenti al blog del 13 dicembre dal titolo “Hypo Bank si ritira da sei Paesi ma non dall’Italia”). Una prima, provvisoria risposta ci viene dal quotidiano viennese “Der Standard”, che cita un rapporto redatto da Price Waterhouse Coopers (PwC) & Deloitte, società di revisione incaricata di verificare i conti della holding carinziana. La principale ragione del dissesto sarebbe da attribuire alle perdite rilevanti registrate nei contratti di leasing e alla necessità di svalutare in misura massiccia crediti divenuti inesigibili.

Alcuni lettori ricorderanno cosa accadde nel 2006. Nel marzo di quell’anno venne alla luce in Hypo Group una perdita secca di 329 milioni di euro per operazioni swap su valute e interessi effettuate due anni prima e non andate a buon fine, perdita tenuta nascosta fino allora dagli amministratori della holding (il presidente Wolfgang Kulterer e i suoi due vice sono già stati condannati dal Tribunale di Klagenfurt per falso in bilancio). In quell’occasione Kulterer aveva cercato di minimizzare il buco, sostenendo che esso poteva essere facilmente colmato rivalutando le voci di leasing che nei libri della società, a suo dire, sarebbero state sottostimate. E, difatti, furono subito corrette da 44 a 900 milioni: oltre il doppio della perdita subita con le sfortunate operazioni swap.

In quell’occasione avevamo scritto: “Il fatto che Hypo Bank abbia reso nota questa disavventura soltanto ora (cioè nel 2006) non giova molto alla sua immagine. Qualcuno potrebbe sospettare che, come è stato nascosto questo buco per due anni, altri scheletri potrebbero celarsi negli armadi della banca carinziana”. Eravamo stati facili profeti. La perizia di PwC & Deloitte di oggi conferma il nostro sospetto di tre anni fa: gli armadi della holding di Klagenfurt erano pieni di scheletri.

Come ci si sia accorti soltanto oggi di ciò che poteva essere notato (o supposto) da un osservatore esterno già tre anni fa è materia di studio di una commissione di inchiesta del consiglio del Land Carinzia, di una “Sonderkommission” (una “commissione speciale”) del Ministero degli interni e di due inchieste giudiziarie, avviate separatamente e in tempi diversi, dalla Procura di Monaco di Baviera (sede della Bayern Lb, fino a ieri principale azionista di Hypo Group) e da quella di Klagenfurt. In attesa dei risultati, “Der Standard”, richiamandosi al rapporto di PwC & Deloitte, riferisce che le operazioni di leasing della holding non erano state controllate nel 2007 dal Finanzmarktaufsicht (organo di vigilanza sulle banche e sulle società quotate in borsa) e che nei Paesi non ancora membri dell’Ue (tra questi la Croazia) le operazioni di leasing non sono considerate attività bancarie e sono perciò sottratte al controllo delle autorità di vigilanza.

L’assenza di controlli – per negligenza o per impossibilità di effettuarli – avrebbe consentito agli amministratori di Hypo Group di fare quello che volevano. “Der Standard” scrive di “casi di truffa estesi ovunque” che sarebbero venuti alla luce grazie all’asset-screening effettuato ora da PwC & Deloitte. Tanto per capire di che cosa si stia parlando, la società di revisione cita alcuni casi sconcertanti, come la scomparsa nel nulla di 400 yacht, soprattutto in Croazia, acquistati in leasing con denaro messo a disposizione da Hypo Bank. Questa situazione sarebbe preesistita all’ingresso di Bayern Lb nel capitale di Hypo Group, che avrebbe acquisito il controllo del gruppo carinziano ignorandone i rischi e pagandolo a un prezzo spropositato rispetto al suo reale valore. Insomma, i carinziani avrebbero rifilato ai “cugini” tedeschi una patacca.

Le inchieste giudiziarie riguarderebbero questo secondo aspetto del caso Hypo Group. Proprio ieri la “Süddeutsche Zeitung” dava notizia di indagini della magistratura tedesca su un’ipotesi di reato di insider-trading commesso da un centinaio di investitori facenti capo a Tilo Berlin, presidente di Hypo Group nella fase di transizione dall’era Kulterer all’era Bayern Lb. Nel 2007 Berlin, tramite una sua società domiciliata in Lussemburgo, aveva partecipato a un primo aumento di capitale di Hypo Group alla guida di una cordata di investitori rimasti anonimi, che aveva investito circa 700 milioni, facendosi a sua volta prestare il denaro dalla Bayern Lb. Quando, pochi mesi dopo, la Bayern Lb aveva acquistato il 50,1% del pacchetto azionario della holding carinziana, la cordata guidata da Tilo Berlin aveva rivenduto la propria quota (25%) guadagnandoci in quel breve lasso di tempo 150 milioni. Insomma, gli anonimi amici di Berlin avevano rivenduto alla banca bavarese, con un sovrapprezzo di 150 milioni, le azioni di Hypo Group che pochi mesi prima avevano acquistato facendosi prestare i soldi dalla stessa banca bavarese.

Come si vede, la materia su cui indagare non manca e fin d’ora assicuriamo la lettrice che ci ha chiesto lumi in materia che la terremo informata. Non abbiamo molte speranze che le due commissioni d’inchiesta scoprano qualcosa (anche in Austria, come in Italia, non si hanno esempi di commissioni di inchiesta che abbiano mai raggiunto un qualche risultato utile), ma abbiamo fiducia nella magistratura, che in Austria finora ha dimostrato di saperci fare.

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