Si sta verificando il previsto effetto domino nell’impero immobiliare e commerciale di René Benko (nella foto). Dopo la dichiarazione dello stato di insolvenza della holding Signa, di cui avevamo riferito la scorsa settimana, ora è la volta di due controllate in Germania, la Signa Financial Services GmbH e la Signa Rem Germany GmbH. È imminente inoltre la dichiarazione di insolvenza in Austria della Signa It, la società che fornisce l’assistenza informatica a tutto il gruppo. Dei 43 dipendenti alcuni rimarranno in servizio, perché anche nella fase concorsuale – non si sa se in forma di amministrazione controllata, amministrazione autogestita o fallimento – i curatori o procuratori fallimentari avranno sempre bisogno che l’impianto informatico funzioni, per poter accedere ai conti e ai documenti.
Già ora le dimensioni della crisi sono impressionanti, le peggiori degli anni recenti della storia austriaca: 5 miliardi di euro. Tanto per capire: il più grande fallimento precedente, quello dell’Alpine Bau nel 2013, presentava un buco di 3,2 miliardi; quello delle cooperative Konsum, che nel 1995 fece tanto scalpore perché in mano al Partito socialdemocratico, era di 1,889 miliardi. Tutti gli altri (a cominciare da A-Tec, Commerzialbank, Maculan Konzern, AvW Gruppe) erano inferiori al miliardo.
Dei 5 miliardi di passività, 2,2 sono nei confronti delle banche. L’importo è considerevole ma, almeno al momento, non si avvertono segnali di preoccupazione. L’istituto più esposto è Bank Austria, controllata dall’italiana Unicredit, che dovrebbe vantare un credito tra i 600 e i 700 milioni. Una bella somma, di cui forse solo una fetta modesta potrà essere recuperata. Ma, quandanche Bank Austria non riuscisse a incassare nulla, la sua stabilità non ne risentirebbe, perché il bilancio del primo semestre 2023 si è chiuso con un utile di 585 milioni, che potrebbe coprire da solo la sofferenza.
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