Lunedì 2 Dicembre 2024

21.01.12 Lucia AzzolinaL’altro ieri avevamo dato notizia delle dimissioni della ministra Christine Aschbacher, accusata di plagio: la sua tesi di laurea sarebbe risultata in parte copiata da altre fonti, senza che lei ne avesse fatto menzione. Era inevitabile che il post ricevesse molti commenti del genere “e allora noi in Italia?”, “in Austria si dimettono per una tesi copiata, in Italia neanche per cose molto più gravi”, “pessima figura, ma molto lontana dagli scandali dei nostri ministri”.

Reazioni del genere sono in parte giustificate. Ricordiamo tutti, o quasi tutti, il caso Azzolina. La nostra ministra dell’Istruzione, Lucia Azzolina, fu colta con le mani nel sacco dal linguista Massimo Arcangeli. In una tesina di abilitazione di 41 pagine, 21.01.12 Marianna Madiapresentata ormai dieci anni fa per poter diventare insegnante di sostegno nella scuola secondaria di secondo grado, almeno cinque passaggi erano copiati da altri testi. Non erano virgolettati, né la loro paternità era menzionata nelle note. Proprio come ha fatto la collega o ex collega austriaca Aschbacher.

La nostra ministra si giustificò che non si trattava di una tesi di laurea, ma di una relazione di fine tirocinio. Insomma non era necessario che vi fosse una ricerca personale, perché le “tesine” di fine corso per poter insegnare sono di tipo compilatorio: si “compilano”, cioè, cose scritte da altri. Ciò non toglie, tuttavia, che questi “altri” andassero citati. Non farlo e fingere che sia farina del proprio sacco è un comportamento disonesto, che danneggia chi è stato copiato e toglie credibilità a 21.01.12 Johannes Hahnchi ha copiato.

Come sappiamo, la ministra Azzolina è rimasta al suo posto e il Movimento 5 Stelle, il partito dell’”honestà” di cui fa parte, non ha avuto nulla da ridire.

Un altro caso menzionato in qualche commento riguarda Marianna Madia. Risale al 2017, quando era ministra della Pubblica amministrazione. Fu accusata di plagio per la sua tesi di dottorato e nemmeno lei volle dimettersi. Ma nel suo caso, va detto, ci fu una perizia della società Resis, che la assolse. Un’assoluzione alquanto discutibile e molto contestata dal Fatto quotidiano, giornale che più di altri aveva messo sotto accusa la ministra.

E in Austria, invece, che succede? Si dimettono tutti non appena c’è sentore di plagio? Sembrerebbe di sì, vista l’uscita di scena di Aschbacher, ma soltanto in apparenza. La ministra non si sarebbe mai dimessa, se non l’avesse costretta a farlo il cancelliere, dopo che per due giorni se n’era stata zitta, nella speranza che le acque si calmassero. Ma le acque non si erano calmate, al contrario, ogni giorno si vedevano montare all’orizzonte cavalloni sempre più minacciosi.

Come avevamo scritto due giorni fa, Sebastian Kurz ha già altri grattacapi a cui pensare, con l’epidemia che infuria e le vaccinazioni che non decollano. Preoccupato come pochi altri della sua immagine, non voleva avere altre grane e perciò ha ordinato alla ministra di sgomberare. In un partito come l’Övp, dove ormai vige il “Führerprinzip”, ha potuto prendere la decisione da solo, senza perdere tempo in consultazioni (così come, alla formazione del governo, era stato Kurz a volere con sé la stiriana Aschbacher, senza che la candidatura della donna fosse stata proposta dagli organi regionali della Stiria del partito).

L’altro caso recente di plagio molto chiacchierato riguarda Johannes Hahn, attuale commissario europeo austriaco per il bilancio e l’amministrazione. Nel 2007, quando era ministro per la Scienza e la ricerca (e quindi per le Università), fu accusato di aver copiato molte pagine della sua tesi di dottorato. Ci fu una perizia dell’Università di Zurigo che lo assolse. Del caso si occupò anche l’Università di Vienna, dove Hahn aveva conseguito il dottorato, che riconobbe che 64 delle 254 pagine della dissertazione erano copiate, senza citazione delle fonti. La tesi non poteva essere definita tale, piuttosto un collage di brani riportati con il copia-incolla. Purtuttavia l’ateneo non ritenne di definire un plagio il documento (che c’entrasse in qualche modo il fatto che l’autore in quel momento era ministro delle Scienze, con competenze anche di finanziamento in campo universitario?), ma si limitò a dichiarare che “una dissertazione del genere oggi non sarebbe stata più accettata”.

Nell’esprimere un giudizio così severo, il senato accademico dell’Università di Vienna doveva essere stata influenzato da un rapporto pubblicato nel 2009 dal filosofo Herbert Hrachovec, lui stesso docente all’ateneo viennese, nell’Istituto di filosofia. Dopo aver analizzato meticolosamente le prime 100 pagine della tesi di Hahn, Hrachovec era giunto alla conclusione che l’accusa di plagio fosse esagerata, ma che il testo non avesse i requisiti di un documento scientifico. “Si tratta di un lavoro di modesta qualità – scrisse – ai limiti della banalità e dell’imbarazzo. Nella sua impostazione sono state spesso calpestate le regole di un lavoro scientifico. La sciatteria confina con la negligenza. E ha a che fare con la scienza solo come esempio da cui rifuggire”.

Johannes Hahn non si dimise allora da ministro e non abbandonò la politica. E oggi è per la seconda volta commissario europeo.

 

NELLA FOTO, dall’alto, Lucia Azzolina, Marianna Madia e Johannes Hahn.

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