Qual è l’identità nazionale austriaca? O, piuttosto, l’Austria è davvero una “nazione”? Ovviamente l’Austria è uno Stato sovrano, con un proprio territorio e una propria popolazione. Ma si può parlare anche di una nazionalità austriaca, distinta da quella tedesca o esiste una sola grande nazione tedesca (la “Grossdeutschland”), di cui l’Austria è una regione con una propria autonomia statuale?
I neonazisti austriaci la pensano così, si sentono parte della “Grande Germania”. Ma la pensano allo stesso modo anche molti austriaci non nostalgici del nazismo, ma intimamente convinti di far parte di una unica “Kulturnation”, una comunità di cultura e di lingua, che travalica il confine segnato dalla Salzach sulla carta geografica. Per questo, quando si parla di “nazionalismo” in Austria (per esempio, l’Fpö, il partito di estrema destra, viene sempre definito “nazionale”, oltre che “liberale”), si pensa alla nazione germanica, non alla nazione austriaca.
Avevamo sottolineato questo aspetto nel blog del 14 dicembre e alcuni lettori erano intervenuti per sostenere il contrario: l’Austria ha delle specialità che la distinguono dalla Germania; gli austriaci considerano i tedeschi cugini, ma ci tengono a mantenere le distanze e si sentono “orgogliosamente austriaci”; a chi accomuna tedeschi e austriaci una lettrice dice di “rispondere educatamente no, siamo altro, in alcuni casi di più”; e un altro lettore taglia corto: “Austria e Germania erano e sono popoli differenti”.
Gli autori di questi commenti sono probabilmente giovani e forse non hanno vissuto la storia recente dell’Austria. Che è sicuramente differente dalla Germania, come la Baviera è diversa dal Brandeburgo e la Renania-Palatinato diversa dalle città anseatiche. Del resto, anche la Carinzia è diversa dal Burgenland e Vienna è diversa da tutte le altre città austriache, mentre il Vorarlberg sembra addirittura un cantone svizzero. Ma questo non c’entra con la questione nazionale.
Nel 1956, un anno dopo la fine dell’occupazione alleata e la riacquistata sovranità, il 46% della popolazione riteneva ancora che l’”Austria non fosse una nazione”, mentre il 49% riteneva che “iniziasse a sentirsi gradualmente una nazione”. Nell’indagine demoscopica condotta allora dall’Arbeitsgemeinschaft Fessel la domanda se l’”Austria fosse una nazione” aveva ricevuto zero risposte. L’atteggiamento non cambia molto negli anni successivi e soltanto negli anni ’80 si assiste a una svolta. Certo il dibattito seguito all’elezione di Kurt Waldheim, nel 1986, e sulla sua partecipazione alla guerra di sterminio della Wehrmacht nei Balcani contribuisce in modo determinante a rendere gli austriaci consapevoli del loro passato e a far acquistare loro una identità nazionale che fin prima non avevano.
Non l’avevano perché non glielo permetteva la loro storia. Per secoli l’imperatore d’Austria era stato imperatore del Sacro romano impero, che si chiamava “Sacro romano impero della nazione tedesca”, perché riuniva sotto il suo scettro (negli ultimi tempi soltanto formalmente) tutti i regni, i ducati, i granducati di lingua tedesca (Svizzera esclusa). Nel 1806 quell’impero finisce, travolto dalle armate napoleoniche. Restano gli Stati tedeschi, uno dei quali, il più grande, è l’Austria.
Come in Italia, anche nell’Europa di lingua tedesca l’800 vede il sorgere di movimenti nazionali (e costituzionali) che premono per l’unificazione di regioni che parlano la stessa lingua. A questo processo, che si concluderà nel 1871 con l’unificazione federale degli Stati tedeschi e la proclamazione dell’impero (il “Secondo Reich”), partecipano una quarantina di Stati, dalla Prussia (che ne prende la guida) alla Baviera.
Non vi partecipa l’Austria, che è un impero tedesco, ma, come sappiamo, non solo tedesco. Sotto la sua corona vi sono una dozzina di popoli. Ci siamo anche noi. Soltanto dopo il 1918 quell’impero si frantuma. Nascono nuovi stati nazionali indipendenti, come la Cecoslovacchia, l’Ungheria, il Regno di Serbia, Croazia e Slovenia. Alcuni frammenti di quell’impero vengono annessi a Stati che esistono già, come Trento, il Sud Tirolo, Trieste e Gorizia, che vengono occupati dal Regno d’Italia.
E l’Austria? L’Austria “è ciò che resta”, per usare la definizione di Georges Clemanceau. È ciò che resta del grande impero: un piccolo Stato, come lo conosciamo ancor oggi, i cui abitanti parlano tutti soltanto tedesco e perciò si riscoprono parte della “Kulturnation” tedesca e chiedono a gran voce di esservi accolti.
La Repubblica che nel novembre 1918 nasce dalle ceneri dell’impero degli Asburgo si definisce fin dall’inizio “Deutsch-Österreich”. Non Austria, ma Austria tedesca. E nell’art. 2 proclama come ineluttabile il suo ricongiungimento alla Germania, diventata anch’essa una repubblica. Tutte le forze politiche sono favorevoli all’annessione, che non può avvenire in quel momento soltanto per l’opposizione dei vincitori. Soltanto insignificanti frange monarchiche auspicano il ritorno dell’imperatore Carlo, a capo di una impossibile confederazione danubiana.
Questo atteggiamento non muta negli anni successivi, nonostante gli sforzi del fascismo austriaco di inventare di sana pianta una “patria”. L’anelito verso la Germania (che non è ancora la Germania di Hitler) contraddistingue tutti i “lager” politici. E questo consente di interpretare meglio l’”Anschluss” che arriva nel 1938. In quell’anno la Germania occupò militarmente l’Austria, ma quell’atto di forza fu definito appunto “Anschluss”, che vorrebbe dire “annessione” e che perciò va sempre citato tra virgolette, per l’ambiguità del suo significato.
Quando i carri armati della Wehrmacht stanno per entrare sul suolo nazionale, il cancelliere dimissionario Kurt Schuschnigg dà ordine al suo esercito di non sparare, perché non sia versato “sangue tedesco”: invasori e vittime avevano lo stesso sangue nelle vene. Così la pensava Schuschnigg, ma allo stesso modo la pensavano i suoi concittadini, che a migliaia fecero ala alle truppe del Reich in marcia lungo le strade di Innsbruck, Salisburgo, Linz fino a Vienna, lanciando fiori e sventolando bandiere con la croce uncinata. Il leader dei socialisti austriaci, Otto Bauer, invitò i compagni a votare a favore dell’”Anschluss” e lo stesso fece il cardinale Theodor Ignitzer, primate della Chiesa austriaca.
Un passato così non si cancella d’un colpo. Dopo mezzo secolo le cose sono cambiate. Le generazioni degli austriaci che avevano conosciuto l’impero, la prima repubblica, l’austrofascismo e l’annessione al Reich non ci sono più. Gli austriaci di oggi conoscono il loro Paese attuale e molti addirittura pensano che sia sempre stato così. Non però le frange nazionaliste a cui avevamo fatto cenno nel blog di due giorni fa. In quell’articolo avevamo dato notizia del ritrovamento di un arsenale di armi e munizioni. Non è un caso che tra fucili mitragliatori e bombe a mano la polizia abbia trovato anche insegne della Wehrmacht.
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