Sabato 14 Dicembre 2024

10.03.09 Raiffeisen Zentralbank Vienna (panoramio)Il “carosello” di fatture false, che aveva consentito a Telecom Sparkle e a Fastweb di maturare crediti d’Iva multimilionari, ha lasciato tracce anche in Austria. Se il vortice di servizi venduti e comprati pro forma per frodare il fisco aveva lambito, a quanto pare, società “cartiere” in 24 Paesi, un passaggio obbligato in tutte le operazioni era sempre stata Vienna. È nella capitale austriaca che è avvenuto il riciclaggio di oltre 2 miliardi di denaro, come riferisce il settimanale “Profil” nel numero di questa settimana. Per l’esattezza: 2 miliardi 18 milioni 916 mila 30 euro e 77 centesimi.

A gestire il traffico attraverso Vienna sarebbero stati Carlo Focarelli, Manlio Denaro e Riccardo Scoponi (“Profil” menziona, a riprova, il numero della carta di credito American Express del primo, con cui nel dicembre 2005 sarebbero stati acquistati tre biglietti per il volo Roma-Vienna dell’Austrian Airlines). Ed è infatti dal 2005 che il denaro prodotto dal carosello di fatture ha incominciato a circolare attraverso la capitale austriaca. “Profil” indica 14 conti bancari aperti dai tre cittadini italiani nelle sedi viennesi di Unicredit Bank Austria (che allora si chiamava ancora Bank Austria-Credit Anstalt e non era controllata da Unicredit), Raiffeisen Zentralbank e Anglo Irish Bank.

I conti risulterebbero intestati a due società con sede in Italia: la I-Globe Srl e la Planetarium Srl. Entrambe sarebbero state destinatarie di pagamenti per presunti servizi resi. Il riciclaggio del denaro era in corso fin dal 2003, ma dal marzo 2006 (vale a dire poco dopo il viaggio a Vienna di Focarelli, Denaro e Scoponi) tutti i pagamenti sarebbero avvenuti attraverso i conti bancari austriaci (l’importo di due miliardi e spiccioli indicato sopra si riferirebbe appunto al periodo posteriore a questa data).

Il settimanale “Profil”, in proposito, è prodigo di dettagli. Sul conto della Raiffeisen Zentralbank, intestato alla I-Globe, tra marzo e settembre 2006 erano approdati 287,93 milioni da Telekom e Fastweb; sul conto della Planetarium, 858,21 milioni, anche questi versati dalle due società telefoniche italiane. Ma le due società accasate a Vienna erano soltanto un luogo di smistamento del denaro, che poi riprendeva il viaggio in direzione di due altre società “cartiere” di Panama, la Broker Management Sa e la Karelia Business Group Sa. In realtà, non si dovrebbe parlare di viaggio, perché le due società panamensi, guarda caso, avevano entrambe un loro conto proprio a Vienna, nella filiale della Anglo Irish Bank e in Bank Austria.

Dai documenti menzionati da “Profil” appare evidente che Vienna era la centrale estera di tutto il marchingegno escogitato per far soldi con il carosello di fatture false. Dei 14 conti bancari utilizzati in questo vorticoso giro di denaro, soltanto due non si trovavano in Austria. Lecito chiedersi, allora, come sia stato possibile che istituti di credito austriaci importanti (Bank Austria era ed è la più impartante banca austriaca, Raiffeisen Zentralbank è la terza) si siano prestati a un simile gioco sporco.

Se lo è chiesto anche il settimanale “Profil”, che ha rigirato la domanda alle banche coinvolte. Tutte si sono appellate al segreto bancario, rifiutandosi di fornire dettagli, ma qualcosa hanno detto. Per esempio Andreas Ecker-Nakamura, della Raiffeisen: “È nostro dovere controllare transazioni particolarmente vistose e, in caso di fondati sospetti, segnalarle alle autorità antiriciclaggio. Voi potete evincere che anche in questo caso ci siamo attenuti ai nostri obblighi”. Ed Ernst Traun-Abensperg, presidente della Valartis Bank (subentrata dal 2008 alle Anglo Irish Bank) aggiunge: “Non possiamo esprimerci sul caso specifico, ma stiamo cooperando con le autorità inquirenti”.

A microfoni spenti, i rappresentanti delle banche hanno fatto sapere che, di loro iniziativa, avevano segnalato alle autorità finanziarie i conti sospetti dei clienti italiani. Già nell’autunno 2007 tutti i depositi presso le tre banche viennesi erano stati ispezionati per ordine della Procura della Repubblica di Vienna, su richiesta degli inquirenti italiani. La banda di Mokbel e soci se n’era accorta e aveva immediatamente abbandonato le banche austriache. Ancor oggi sui conti di Vienna sono giacenti alcuni milioni di euro che nessuno vuol più ritirare.

Nella foto, la sede di Vienna della Raiffeisen Zentralbank.

Lascia un commento