L’Austria era (e forse è ancora) il fanalino di coda nelle vaccinazioni contro il Covid-19. Fino a martedì scorso ne erano state somministrate soltanto 6.000 dosi e il conto non è salito di molto nei giorni successivi. Tanta lentezza non poteva non scatenare le critiche dei partiti di opposizione, ma anche all’interno della stessa coalizione di governo. Esponenti dell’Övp hanno mosso rilievi al ministro della Salute, Rudolf Anschober, dei Verdi, mentre molti esponenti della classe medica hanno lamentato l’assenza a tutt’oggi di un piano vaccinazioni. Piano che – ha dichiarato in tv Richard Greil, infettivologo della Clinica universitaria di Salisburgo – sarebbe dovuto essere pronto da mesi, perché ogni giorno di ritardo conta, considerando che ogni giorno nelle case di riposo austriache muoiono dai 20 ai 30 anziani.
La drammaticità della situazione è emersa in un’intervista alla caposezione per la Salute pubblica del Ministero, Katharina Reich, andata in onda martedì sera durante il telegiornale Zib 2. Al conduttore Armin Wolf, che la incalzava con le domande, la donna ha giustificato i ritardi con la complessità dell’operazione che prevede l’impiego di vaccini che devono essere conservati a bassissima temperatura e somministrati in breve tempo dopo che sono stati tolti dai refrigeratori e trasportati nelle case di riposo. Una spiegazione che non ha convinto il giornalista. Wolf ha menzionato come modelli positivi la Germania e l’Italia e ha chiesto come mai in questi due Paesi, che pure hanno a che fare con lo stesso vaccino e con gli stessi problemi logistici, è stato vaccinato un numero enormemente superiore di persone. Reich non è stata in grado di fornire una risposta plausibile e si è limitata a segnalare che l’incarico al vertice della Salute pubblica le era stato conferito soltanto a metà dicembre.
L’intervista è finita qui, ma subito dopo deve essersi scatenato il finimondo nel palazzo della Cancelleria federale. Il cancelliere Sebastian Kurz, il ministro della Salute Anschober, il commissario per l’emergenza Covid-19 Clemens Martin Auer e altri “esperti” hanno fatto notte fonda per tentare di rimediare al disastro e imprimere un’accelerazione alle vaccinazioni, anche in assenza di un piano vero e proprio. Dicono che si sia giunti a una soluzione solo dopo l’una di notte.
Fino a quel momento la situazione a grandi linee era la seguente: 63.000 dosi di vaccino ricevute già la settimana scorsa da Biontech-Pfizer; altre 63.000 dosi in arrivo questa settimana; 6.700 le dosi somministrate, ovvero un decimo di quelle a disposizione; intenzione di far partire le vaccinazioni in maniera sistematica soltanto a partire dal 12 gennaio e soltanto nelle Case di riposo e di cura.
La svolta, annunciata il giorno successivo da Anschober, prevede invece che le vaccinazioni partano immediatamente, senza attendere il 12 gennaio e che già entro domenica siano vaccinate 30.000 persone e 55.000 nella settimana successiva. Con l’arrivo del secondo contingente di vaccini di Biontech-Pfizer e di quelli prodotti da Moderna (che hanno finalmente avuto l’approvazione dell’Agenzia europea del farmaco) si dovrà arrivare a 500.000 vaccinazioni entro la fine di marzo. Per rendere più agevoli le operazioni, le scorte del vaccino non saranno più conservate solo nei depositi federali, ma distribuite immediatamente alle Case di riposo, non appena queste ne faranno richiesta.
Parliamo di case di riposo, perché i loro ospiti sono in cima alla lista delle priorità. Il maggior numero di decessi si è registrato infatti in queste residenze: 2.855 su un totale di 6.568 decessi, vale a dire il 43%. Solo dopo si passerà alla vaccinazione delle persone considerate a rischio o di quelle che svolgono ruoli che necessitano protezione (personale sanitario, forze dell’ordine, vigili del fuoco ecc.).
Nella terza fase, dopo marzo, la vaccinazione sarà estesa a tutta la popolazione o, almeno, a tutti quelli che vorranno vaccinarsi (al momento sembra che il 29% non voglia farlo e tra il personale sanitario e di servizio nelle case di riposo l’astensione raggiunge addirittura il 50%). Ai vaccinandi di questa fase appartengono anche tutti gli anziani non ospiti di case di riposo, ma non per questo meno esposti alla minaccia del virus.
Il cambio di rotta deciso l’altra notte nella Cancelleria federale riguarda anch’essi o almeno quelli con più di 85 anni, che potranno essere vaccinati subito. A tale scopo sarà necessario coinvolgere i medici di famiglia e i sindaci, per organizzare il servizio e i luoghi per svolgerlo, presumibilmente non paese per paese, ma nei Comuni capoluogo di mandamento. Si stima che le persone appartenenti a questa fascia di età non ospiti di istituti, siano circa 300.000. Concluse le vaccinazioni con gli ultraottantacinquenni, si proseguirà con le classi di età immediatamente inferiori.
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