Tra una o due settimane l’apposita commissione regionale concluderà l’esame del nuovo progetto per lo sviluppo di Pramollo-Naßfeld, che vede al centro la costruzione di un impianto a fune di collegamento tra Pontebba e il polo sciistico di confine. Se lo approverà e definirà le opere proposte “di pubblica utilità”, allora la giunta regionale lancerà il project financing vero e proprio, che aprirà l’iter delle procedure per passare al bando di concorso europeo, alla progettazione esecutiva, all’apertura dei cantieri e alla realizzazione, finalmente, dell’impianto di arroccamento. Pontebba e l’intero Tarvisiano si troverebbero così, di colpo, collegati a uno dei dieci comprensori sciistici più importanti dell’Austria, un nome da poter “spendere” alle borse internazionali del turismo, per richiamare ospiti da tutta Europa – e non solo – e rilanciare lo sviluppo economico dell’intera vallata.
Se n’è parlato ieri, alla conferenza stampa con cui gli operatori di Pramollo-Naßfeld hanno presentato a Udine la stagione sciistica 2009-2010. Riferiamo, per dovere di cronaca, la data ipotizzata per l’entrata in esercizio dell’impianto funiviario: Natale 2013. Lo facciamo con una certa riluttanza, perché ormai da vent’anni ci capita periodicamente di fare annunci del genere, poi sempre puntualmente smentiti. Perché questa volta dovremmo fidarci? Perché il project financing della giunta Tondo dovrebbe funzionare, mentre non aveva funzionato quello della giunta Illy? La risposta è venuta quasi casualmente al termine della conferenza stampa di ieri e concerne sostanzialmente il ruolo diverso che verrebbero a giocare nel progetto le tre società austriache che gestiscono i 30 impianti attualmente esistenti in quota.
Per capire il meccanismo dell’operazione è necessario tornare al project financing del 2006. Prevedeva – come prevede il progetto ora all’esame – la realizzazione di un impianto di arroccamento Pontebba-Pramollo, piste di discesa e impianti di innevamento artificiale sul versante italiano, parcheggi e altre opere minori per 57 milioni di euro. La Regione sarebbe intervenuta fino al 70% della spesa (era previsto allora ed è previsto anche oggi un contributo del Land Carinzia di 6 milioni). Il resto (17,1 milioni) lo avrebbero messo i privati, con un costo annuo di ammortamento di 342.000 euro, certamente non coperto dagli eventuali utili d’esercizio dell’impianto. Una funivia di arroccamento, infatti, non ha un fatturato elevato: è affollata al mattino, quando deve trasportare gli sciatori in quota, ed è affollato nel tardo pomeriggio, quando deve riportarli a valle; nel resto della giornata viaggia vuota. Il project financing del 2006 prevedeva che la gestione fosse affidata al consorzio di società che già gestiscono gli impianti austriaci in quota, per 75.000 euro all’anno, cioè quasi un settimo della quota di ammortamento. Chi avrebbe messo il resto?
Qui entrava in gioco il meccanismo del project financing. Le imprese coinvolte nell’operazione avrebbero avuto il permesso di realizzare strutture turistico-ricettive in quota e a valle, le cui plusvalenze immobiliari avrebbero compensato lo sforzo finanziario prodotto per costruire l’impianto a fune. Come un’impresa edile che costruisce un condominio: deve provvedere anche alle opere di urbanizzazione (parcheggi, strade di accesso, fognature, illuminazione pubblica), i cui costi sono coperti dai profitti derivanti dalla vendita degli appartamenti.
Come è noto, il project financing del 2006 non ebbe successo. Le condizioni poste dai privati che lo avevano presentato furono considerate inaccettabili dalla giunta Illy. Il nuovo progetto ora all’esame si discosta dal precedente soprattutto per due aspetti: non è uno scambio tra impianto di arroccamento e cubi di cemento da costruire; i gestori degli impianti austriaci sono disposti a pagare di più di 75.000 euro, molto di più, per assumerne la gestione.
La proposta è stata avanzata da un gruppo che ha per capofila la Doppelmayr, ditta austriaca leader mondiale nella costruzione di impianti di risalita, ed è composto dalla Technoalpin (impianti di innevamento artificiale), dalla Falkensteiner (società alberghiera sudtirolese, già presente con un proprio hotel a Tröpolach, sul versante carinziano di Naßfeld) e dalle società degli impianti di Pramollo-Nassfeld. Il gruppo costruirà la telecabina (sono previsti due tronchi, rispettivamente di 3,5 e 5 chilometri), che collegherà l’area della stazione ferroviaria di Pontebba alla vetta del monte Madrizze, cuore del polo sciistico carinziano; la Falkensteiner costruirà un hotel da 600 posti letto in prossimità dell’ex casermetta della guardia di finanza, in un sito ancora da individuare.
Per realizzare le opere (costo previsto 80 milioni), le imprese coinvolte riceveranno un contributo pubblico di circa 50 milioni (Regione e Land Carinzia), mentre accederanno ad altre forme di finanziamento per i restanti 30, ammortizzabili in 20 anni. L’impianto di risalita, come nel project financing del 2006, sarà affidato in gestione al consorzio di Pramollo-Naßfeld, che questa volta però non pagherà di affitto 75.000 euro all’anno, ma 1.500.000 euro, quanto serve cioè per remunerare il capitale investito dai privati.
Si tratta, come ben si vede, di una svolta clamorosa e in un certo senso inspiegabile. Come mai gli operatori di Pramollo tre anni fa non potevano pagare più di 75.000 euro, mentre oggi riescono a scucire venti volte tanto? Nella conferenza stampa di ieri, Werner Krcivoj, parlando a nome delle imprese coinvolte nel progetto, ha risposto: perché è il solo modo per far decollare il progetto e perché agli operatori del polo sciistico importa molto il collegamento con Pontebba. Certamente è così. Ma era così anche tre anni fa e allora si lasciò invece che il progetto affondasse, perdendo altro tempo.
La svolta nell’atteggiamento degli operatori austriaci ha una sola spiegazione: la gestione dell’impianto di arroccamento Pontebba-Pramollo sarà probabilmente in perdita, ma trasporterà in quota un numero tale di sciatori che determinerà un aumento complessivo del fatturato in tutto il carosello di impianti tale da compensare, si spera, il milione e mezzo di euro da versare annualmente per l’affitto. Se l’interpretazione è corretta – ma del resto non se ne vedono altre – allora questa volta vi sono buone ragioni per essere ottimisti e per sperare che, dopo vent’anni di illusioni, nel Natale 2013 si possa davvero veder partire la prima telecabina per la cima del Madrizze.