Sabato 14 Dicembre 2024

10.03.13 Reinhold Lopatka, Josef Pröll e Andreas SchiederC’era un ministro delle finanze, nel precedente governo italiano, il quale aveva detto che “pagare le tasse è bello”. L’uscita era stata giudicata infelice dai suoi colleghi ministri e accolta con irritazione dall’opinione pubblica. In Austria, forse, le reazioni sarebbero state differenti. Non che agli austriaci faccia piacere pagare le tasse, ma c’è in essi una maggiore consapevolezza della necessità dell’imposizione fiscale, come risulta da un sondaggio dell’istituto Gallup, pubblicato dal quotidiano “Österreich”. Il 60% degli intervistati, quindi quasi due austriaci su tre, ritiene che il risanamento dei conti dello Stato sia più importante di una riduzione del carico fiscale.

C’è in questo atteggiamento tutto un modo di concepire lo Stato, i conti pubblici, il bene comune, in base al quale asserzioni come quella di “non voler mettere le mani nelle tasche dei cittadini”, che spesso si sentono dalle nostre parti, non hanno diritto di cittadinanza. Se serve per mettere a posto il bilancio dello Stato – questo sembra voler dire la risposta del sondaggio Gallup – si mettano pure le mani nelle tasche dei cittadini. Non faranno piacere, ma chi considera i conti pubblici come i conti di casa, riesce a farsene una ragione. Tant’è vero che alle elezioni del 2002 gli elettori premiarono l’Övp, che aveva preferito la crisi di governo per non anticipare una riforma fiscale che avrebbe ridotto le tasse e allontanato l’Austria dal pareggio di bilancio, mentre dimezzò i voti al partito di Haider che quella crisi aveva provocato pretendendo la riforma fiscale subito.

Si dirà: ma gli austriaci non sono spremuti dal fisco come gli italiani. Non è così, almeno per le imposte sul reddito delle persone fisiche. Le nostre aliquote partono dal 23% fino a 15.000 euro, per salire al 27% fino a 28.000 euro, al 38% fino 55.000 euro, al 41% fino a 75.000 e al 43% per la parte eccedente. In Austria invece l’aliquota più bassa è subito del 38,33% fino a 25.000 euro (con una detrazione di importo fisso di 3.833 euro), poi del 43,6% fino a 51.000 euro (con detrazione di 5.150,5 euro) e infine del 50% per i redditi eccedenti (con detrazione di 8.414,5 euro). In altre parole, la nostra aliquota massima del 43% agli austriaci viene applicata già sopra i 25.000 euro. Che poi le imposte sulle società siano inferiori rispetto all’Italia (25%) e non esista l’Irap, poco importa: quando si fanno confronti di questo genere si guarda sempre al reddito da lavoro.

Ma non è soltanto sul campo fiscale che il sondaggio Gallup ha riservato risultati interessanti. Lo scopo era quello di stabilire una scala delle priorità per i cittadini austriaci. Al primo posto, c’era da scommetterci, è risultata con il 79% la sicurezza del posto di lavoro (in Austria, come in Italia, i rapporti di lavoro atipici stanno diventando sempre più frequenti), seguita dalla lotta alla criminalità con il 67% (20% in più rispetto all’anno precedente), dalla richiesta di pari retribuzione per uomini e donne, dal freno all’immigrazione (51%). Temi molto cari al Partito socialdemocratico come il finanziamento all’Università e la scuola a tempo pieno vengono molto dopo (rispettivamente al 39 e al 30%).

Nella foto, il ministro delle finanze Josef Pröll (al centro) tra i sottosegretari Reinhold Lopatka (a sinistra) e Andreas Schieder (a destra). Allungano una tazza, fingendo per scherzo di chiedere soldi. Loro scherzano, ma molti austriaci sono convinti seriamente che lo Stato possa e debba chiedere il contributo di tutti per risanare i conti pubblici.

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