Martedì 8 Luglio 2025

Situazioni di emergenza a volte richiedono una restrizione delle libertà individuali, in nome dell’interesse collettivo. In tempo di guerra, per esempio, può essere tollerata una censura sui mezzi di comunicazione, per evitare che certe informazioni siano utili al nemico. L’Austria non è in guerra in questo momento, almeno non in una guerra convenzionalmente intesa. Deve far fronte, tuttavia, alle minacce del radicalismo islamico, che va intercettato e bloccato prima che si manifesti.

Sembra essere questa la “ratio” che ha indotto il governo austriaco (alleanza di popolari, socialdemocratici e liberali di centro) a predisporre un disegno di legge che consentirà alla polizia di intercettare le informazioni scambiate tramite Messenger. Gli ultimi episodi di terrorismo in Austria, infatti, hanno avuto per protagonisti immigrati di religione islamica, anche già con la cittadinanza austriaca, che si erano radicalizzati su internet e che avevano poi organizzato le loro azioni scambiandosi messaggi via smartphone.

Intrusioni delle forze dell’ordine in questa sfera della vita privata presenta, naturalmente, molti rischi. Come escludere che in futuro non vi siano delle deviazioni strumentali, che vadano al di là delle esigenze investigative? La nuova legge viene presentata come uno strumento di difesa dal terrorismo islamico e, vista così, non può che trovare concorde l’opinione pubblica austriaca. Ma una legge è, per sua natura, di carattere generale: se si autorizza l’intercettazione di messaggi sul fronte islamico, la si autorizza anche su tutti gli altri fronti. Perché non intercettare, per esempio, messaggi di presunti evasori fiscali?

La scelta del governo non è stata facile. Övp e Spö erano subito d’accordo, mentre c’è voluto molta fatica per convincere a questo passo i rappresentanti di Neos, che sono i portabandiera di una democrazia liberale. L’impresa è riuscita mettendo molti paletti, per rassicurare questo terzo partito che non vi saranno abusi. Vediamoli.

In primo luogo l’intercettazione dei messaggi dovrà essere autorizzata da un collegio di tre giudici e seguita poi da un “Rechtsschutzbeaufragte”, una figura dell’ordinamento giuridico austriaco che ha il compito di verificare che la legge sia rispettata. Qualora nel corso dell’anno siano effettuate più di 30 intercettazioni, dovrà essere inviato un rapporto giustificativo alla Commissione parlamentare per la polizia, che ne riferirà in Parlamento. Ovviamente sono previste sanzioni per eventuali abusi.

La legge dovrebbe giungere in Parlamento per l’approvazione entro l’estate, ma vi sono alcuni fattori di incertezza. Il governo è alla ricerca di un software che faccia il miracolo di intercettare i post di Messenger, senza rendere pubblici anche gli altri contenuti di uno smartphone. Non si vuole, cioè, che mettendo il naso in un telefonino sospetto si leggano non solo i messaggi scambiati ma anche tutti gli altri elementi presenti, a cominciare dalle foto. Esiste un software che possa svolgere questo servizio di filtro? Al momento non lo si sa. Ammesso che lo si trovi, per l’adozione sarà necessario il benestare non solo di quel “Rechtsschutzbeaufragte” di cui si è detto sopra, ma anche della Corte costituzionale. La posta in gioco è troppo alta perché se ne occupi soltanto un funzionario di polizia.

Tutto bene, dunque? Sì è no. Critici nei confronti del provvedimento sono sia l’Fpö (estrema destra sovranista) che i Verdi. Ma anche nel governo qualcuno tentenna. Non tutti gli esponenti di Neos sono d’accordo. Non lo è, per esempio, il vicecapogruppo Nikolaus Scherak, che infatti ha annunciato il suo voto contrario.

 

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