I più anziani ricordano i risultati elettorali di un tempo. Da una elezione all’altra le variazioni c’erano, ma erano minime. Un punto percentuale in più o in meno sembravano rivoluzionare lo scacchiere politico. Questo perché allora esistevano partiti ben strutturati e con un solido zoccolo di iscritti-elettori.
Oggi vediamo partiti che nascono e muoiono o cambiano nome nell’arco di una legislatura. E vediamo leader politici che trionfano e raggiungono percentuali da capogiro, per poi precipitare nell’insignificanza nell’arco di qualche anno.
Non occorre menzionare i casi più o meno recenti in Italia, che sono ben noti ai lettori di questo blog. Ma il fenomeno è ormai globale e si verifica anche in Austria. Ricordate la crescita inarrestabile di Jörg Haider, alla guida dell’Fpö? Aveva raggiunto l’apice alle elezioni di fine 1999, scavalcando addirittura l’Övp e diventando il secondo partito dell’Austria. Il mondo aveva tremato, perché allora l’Fpö aveva forti connotazioni naziste. Anzi, alcuni dei suoi esponenti più anziani erano stati nazisti al tempo del nazismo e ne andavano orgogliosi. Tra questi, i genitori di Haider, Robert e Dorothea.
Già due anni dopo l’Fpö era alla bancarotta e alle elezioni del 2002 l’Övp aveva trionfato, superando il 42%. Un risultato senza precedenti, almeno negli ultimi vent’anni (il confronto non si può fare con le elezioni anteriori al 1983, perché allora due soli partiti – l’Spö e l’Övp – si dividevano pressoché da soli l’intero spettro elettorale.
Ma già dopo il 2006, con la riedizione della Grosse Koalition, l’Övp si logora e disperde tutto il suo consenso a favore dell’Fpö, che sotto la leadership di Heinz-Christian Strache, succeduto ad Haider nel 2005, cresce di elezione in elezione, tanto da diventare il primo partito – nei sondaggi, non in una vera consultazione elettorale – dopo l’emergenza profughi del 2015.
Ormai tutti danno per scontato che il nuovo cancelliere sarà proprio Strache, quando all’orizzonte compare la stella nascente dell’Övp: il giovane Sebastian Kurz. Sotto la sua guida il Partito popolare registra un sorprendente rilancio, che lo porta a diventare il primo partito alle elezioni del 2019, dove ottiene il 31,5%. Non è il 42% del 2002, ma è lo stesso un risultato straordinario e imprevedibile, perché ottenuto da un partito fin prima in stato preagonico.
Quel voto consente a Kurz di diventare il dominus della politica austriaca, che può fare ciò che vuole e governare con chi vuole. Non perché non vi siano alternative, ma perché i partiti concorrenti che potrebbero approfittarne – i socialdemocratici e i liberali dell’estrema destra sovranista – non sono disposti a formare una coalizione tra loro, l’unica che potrebbe togliere la poltrona sotto il sedere di Basti.
Abbiamo fatto questa lunga premessa – e ce ne scusiamo con i lettori – soltanto per dire che di questi tempi il successo dei partiti e dei loro leader, soprattutto di partiti che si identificano nei loro leader, è effimero. Oggi si può essere “sull’altar” e domani “nella polvere”. Basta poco.
Queste considerazioni sono suggerite da due distinti e recentissimi sondaggi, condotti rispettivamente dall’istituto Ogm per l’agenzia di stampa Apa e dall’istituto Unique research per il settimanale Profil. Il primo si chiama “Vertrauensindex” e viene ripetuto periodicamente per verificare l’indice di fiducia (il titolo in tedesco significa proprio questo) dei cittadini nella classe politica. Quello per il settimanale Profil si chiama “Sonntagsfrage”. È anch’esso periodico e valuta la variazione dei consensi verso i vari partiti, attraverso le risposte che gli intervistati danno alla domanda standard: se domenica (Sonntag) si andasse alle urne (e la domenica a cui si fa riferimento è proprio quella di oggi) a quale partito dareste il vostro voto?
Orbene, nel primo sondaggio, il “Vertrauensindex” vede Sebastian Kurz precipitare al quarto posto, con 9 punti. Un brutto, anzi bruttissimo segno per il cancelliere. Di solito chi aveva rivestito in passato la sua carica era sempre risultato in testa. Non al primo posto, che normalmente è occupato dal presidente della Repubblica (attualmente Alexander Van der Bellen, con 34 punti), ma al posto immediatamente successivo. Anche Kurz era stato sempre secondo e, in alcuni periodi di grande infatuazione per lui dell’elettorato, era riuscito addirittura a scavalcare il capo dello Stato. Ora è invece quarto, avendo perso rispetto al precedente sondaggio ben 11 punti.
Prima di lui sono risultati a sorpresa Martin Kocher e Alma Zadic. Kocher non è un politico, ma un economista prestato alla politica. Fino allo scorso anno dirigeva l’Ihs (Institut für Höhere Studien), una delle massime istituzioni di ricerca economica e finanziaria dell’Austria. In gennaio era stato chiamato a sostituire la ministra del Lavoro, Christine Aschbacher, costretta a fare le valigie, dopo che si era scoperto che le sue tesi di laurea triennale e di dottorato erano state entrambe malamente copiate. Kocher non è una persona molto nota al pubblico, soprattutto in tempi di pandemia, in cui in tv e sui giornali compaiono soltanto ministri che si occupano di problemi sanitari. E pur tuttavia nel “Vertrauensindex” risulta al secondo posto, con 22 punti (+8 rispetto al precedente sondaggio). Per questo abbiamo parlato di un risultato a sorpresa.
Anche Zadic al terzo posto rappresenta una sorpresa. È una immigrata bosniaca, esponente dei Verdi, di 36 anni (due soli più di Kurz, ma un curriculum internazionale di studi e professionale che il cancelliere può solo sognarselo). La sua nomina a ministra della Giustizia aveva suscitato le proteste dell’estrema destra sovranista, nonché secchiate di letame e minacce sui social. Il “Vertrauensindex” le assegna ora 20 punti. Difficile comprenderne la ragione, se non forse per la fermezza con cui sta difendendo l’indipendenza della magistratura dagli attacchi dell’Övp, che vorrebbe riformarla sul modello ungherese.
E al quarto posto, come dicevamo, arriva lui, Basti, a pari punti con Doris Bures, esponente dell’Spö e seconda presidente del Parlamento. In altre parole, nelle prime cinque posizioni dell’indice di fiducia l’unico esponente dell’Övp è Kurz; gli altri sono due verdi o ex verdi (il capo dello Stato e Zadic), una socialdemocratica (Bures) e un tecnico senza tessera di partito (Kocher). Tutti i suoi ministri vengono dopo, alcuni, come Blümel, addirittura con 16 punti negativi (significa che i voti di sfiducia hanno prevalso su quelli di fiducia).
In Lichtenfelsgasse, a Vienna, sede dell’Övp, dovrebbero ormai squillare i campanelli di allarme. Anche perché i risultati del “Vertrauensindex” trovano grosso modo conferma nella “Sonntagsfrage”. Anche qui il Partito popolare – che Kurz ha voluto ribattezzare “nuovo partito popolare”, per distinguerlo dal “vecchio”, che però ora alcuni membri del partito incominciano a rimpiangere – anche qui il Partito popolare, dicevano, è in costante calo, da una domenica all’altra. Rispetto alla precedente consultazione ha perso altri 2 punti. Resta sempre il primo partito, con il 33%, ma questa percentuale rappresenta il valore più basso dal febbraio-marzo del 2019. Ciò che più conta, però, è che con questo peso elettorale il governo Kurz II non avrebbe più la maggioranza, benché i Verdi siano in crescita.
Nel sondaggio della domenica il secondo partito è l’Spö (24%), seguito da Fpö che guadagna 2 punti (19%), Verdi (12%) e Neos (10%).
NELLA FOTO, il cancelliere Sebastian Kurz con alcuni ministri del suo governo.
_______________
Austria Vicina è anche su Facebook. Clicca “mi piace” alla pagina https://www.facebook.com/austriavicina.