Il cancelliere austriaco Sebastian Kurz non ha una grande considerazione dell’Italia e degli italiani. Lo ha dimostrato in più occasioni – pretendendo, per esempio, che nel nostro Paese, da qualche parte, si creasse un campo di reclusione dei richiedenti asilo, per impedire loro di girovagare per l’Europa, come se l’Italia fosse al suo servizio – e lo sta dimostrando anche ora, a proposito dello scandalo sanitario di Ischgl (nella foto).
Il polo sciistico tirolese, come è noto, è finito nei titoli dei giornali di mezza Europa e anche degli Usa e di alcuni altri Paesi d’oltremare, per essere stato un focolaio dell’epidemia di Coronavirus nelle prime due settimane di marzo. Da giorni ormai si sapeva che il virus aveva contagiato turisti e addetti ai lavori di quella località e di alcuni centri vicini, ma si era fatto finta di nulla, per non dover anticipare la chiusura della stagione. La conseguenza è stata che alcune migliaia di ospiti si sono trovati infettati e hanno portato con sé il virus in Germania, nei Paesi scandinavi, in Gran Bretagna e perfino nella lontana Islanda. Una trentina di persone, reduci dalla vacanza tirolese, sono decedute. Oltre cinquemila hanno aderito a una class action promossa dal Verbraucherschutzverein, l’associazione consumatori austriaca.
Dopo aver sostenuto per giorni di non avere nulla da rimproverarsi e di aver reagito tempestivamente al diffondersi del virus, ora il Land Tirolo sta faticosamente tentando di mettere in piedi una commissione di inchiesta. Ci stanno lavorando ormai da una settimana, senza riuscirci, perché evidentemente accanto a chi vuole che la commissione faccia piena luce sulla vicenda e ne accerti eventuali responsabilità, ci sono altri che invece vorrebbero la commissione soltanto per certificare che la colpa non è di nessuno. E così giovedì si è decisa una pausa di riflessione fino a oggi, nella speranza che il weekend porti consiglio.
Ed è a questo punto che interviene il cancelliere, rivolgendo a tutti un invito alla prudenza. “Io credo che si debba essere cauti – ha affermato – nella ricerca dei colpevoli”, sia che si tratti di persone, sia che si tratti di zone turistiche. A Ischgl sono rimasti contagiati molti ospiti stranieri, ma “non sarebbe sensato sul piano internazionale giocare allo scaricabarile, indicare chi è responsabile di questa pandemia”.
Kurz prosegue con un esempio. Dice che mai pretenderebbe le scuse da un ospite straniero, accusandolo di aver portato il virus in un polo sciistico austriaco, perché di sicuro non lo avrà fatto intenzionalmente. Ma, nell’indicare l’”ospite straniero”, quale nazionalità sceglie? Avrebbe potuto ispirarsi agli ospiti abituali di Ischgl, che, come si evince dalla class action, sono per metà tedeschi e per l’altra metà islandesi, inglesi, danesi, norvegesi, svedesi, spagnoli e persino americani. No, la prima nazionalità che a “Basti” viene in mente è quella italiana.
Per questa ragione il governo austriaco non intende scusarsi con i turisti stranieri per ciò che è accaduto a Ischgl, perché altri poli sciistici internazionali potrebbero aver concorso alla diffusione del virus allo stesso modo. Sarebbe dunque “sbagliato comportarsi come se ci fosse un unico luogo responsabile della diffusione della pandemia in tutto il mondo”.
Sebastian “Basti” Kurz finge di ignorare che i termini della questione sono altri. Tutti i giornali del mondo hanno puntato il dito contro Ischgl non perché era diventato un focolaio di contagi. Sono situazioni che potevano ripresentarsi – e probabilmente si sono ripresentate – anche altrove, senza che nessuno ne avesse colpa.
Ma a Ischgl la situazione di pericolo era stata comunicata ufficialmente dall’Islanda e da vari altri Paesi europei e per una settimana era stato messo tutto a tacere. È questa la differenza dello scandalo Ischgl. E finché Kurz e la sua truppa si rifiuteranno di riconoscerlo sarà difficile risollevare l’immagine turistica del Tirolo all’estero e in particolare nei confronti dei tedeschi, che ne hanno sofferto di più.
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