Al Tribunale penale di Vienna ha avuto inizio ieri un processo a carico di alcuni giovani, accusati di stupro, violenza sessuale, estorsione nei confronti di una professoressa di una scuola superiore della città. I presunti responsabili di quello che il legale della docente ha definito un “Martyrium” sono tutti tra i 14 e i 17 anni. Gli imputati principali sono un iracheno di 15 anni, un romeno di 17 e un afghano di 15. Sono comparsi in aula in stato di detenzione.
Il “Martyrium” è durato sei mesi, dal luglio 2024 al gennaio scorso. Non si è trattato dell’aggressione di gruppo di immigrati nei confronti di una donna, come accade spesso in alcuni quartieri di Vienna, ma di una vicenda nata dall’incauta relazione consensuale dell’insegnante con uno dei suoi allievi più “anziani”, che allora aveva 16 anni. Nulla di penalmente rilevante.
Ma la docente non aveva immaginato che quell’imprudente rapporto avrebbe aperto la porta a una vera e propria persecuzione. L’ex alunno aveva preteso che la donna fosse violentata anche da altri suoi amici, minacciandola di rendere pubblici video e foto di lei in situazioni compromettenti. Temendo il peggio, la professoressa aveva ceduto e per mesi era stata terrorizzata dai giovani, costretta a mettere a disposizione il suo appartamento per festini, a pagare loro da mangiare, viaggi in taxi, sigarette.
Nella notte sul 16 gennaio i due quindicenni del gruppo, insieme con un altro ragazzo di 14 anni, avevano fatto irruzione nell’appartamento della docente, che in quei giorni si trovava all’estero, rubando gioielli, orologi e altri oggetti di valore. Prima di andarsene avrebbero appiccato il fuoco ai locali. Per questa ragione la Procura di Stato li accusa anche di incendio doloso. I tre hanno confessato la violazione di domicilio e il furto, non invece l’incendio.
Secondo una perizia medica, dopo il “Martyrium” durato sei mesi, l’insegnate soffre ora di depressione cronica e di disturbi post traumatici da stress. Ha chiesto e ottenuto dai giudici che le udienze del processo si tenessero a porte chiuse.
NELLA FOTO, l’ingresso del Tribunale penale di Vienna.
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