A tre mesi dalle elezioni politiche l’Austria si ritrova al punto di partenza. Senza un governo e senza la minima idea di cosa fare. Neos, movimento liberale di centro (il nome significa “Neues Österreich”), ha annunciato questa mattina di non voler più proseguire le trattative con i popolari (Övp) e con i socialdemocratici (Spö), ritenendo impossibile con essi, in particolare con l’Spö (o una parte dell’Spö) un accordo di governo.
Ieri era stato fatto l’ultimo tentativo di trovare una soluzione, in una riunione durata fino alle 23. Le delegazioni guidate dai segretari dei tra partiti (Karl Nehammer per l’Övp, Andreas Babler per l’Spö e Beate Meinl-Reisinger per Neos) si erano lasciate con l’intesa di proseguire il confronto questa mattina. Ma la notte ha portato alla leader di Neos un consiglio diverso: farla finita e rinunciare a una trattativa che, a suo avviso, non sarebbe servita a definire una visione di futuro per il governo che verrà, ma soltanto a una soluzione di compromesso per fa reggere un governo, quale che esso sia.
Insomma, il potere per il potere, non un potere per affrontare le sfide del tempo presente, che Beate Meinl-Reisinger vede nell’aumento del costo della vita, nella disoccupazione, nel sistema pensionistico che rischia di implodere, nel deficit record dei conti pubblici, nell’istruzione, da cui dipende il futuro, ma a cui sarebbero dedicate insufficienti risorse. Sono tutti temi scottanti, che richiederebbero risposte energiche e impopolari, risposte che Övp ed Spö – secondo il punto di vista di Meinl-Reisinger – non sarebbero stati in grado o disposti a dare.
C’è in queste osservazioni una velata accusa di populismo, a cui Neos non intende cedere. Meinl-Reisinger si è detta consapevole che nella formazione di un governo di coalizione sono necessari compromessi per trovare un’intesa, ma non fino al punto di rendere del tutto inutile farne parte. Da ciò la decisione di fare un passo indietro o di lato.
Prima di rendere pubblica la sua decisione, la segretaria di Neos ha informato Nehammer e Babler e anche il Capo dello Stato, Alexander Van der Bellen. Che accadrà ora? Difficile dirlo, ma per avanzare un’ipotesi si deve tornare al punto di partenza, a quel 29 settembre, in cui il voto delle urne aveva decretato la vittoria dell’Fpö, il partito dell’estrema destra sovranista.
Dal 1945 in poi, ovvero dalla nascita della Seconda Repubblica, il Capo dello Stato aveva sempre affidato al segretario del partito più votato l’incarico di formare il governo. Questa volta Van der Bellen era stato di avviso diverso. Aveva lasciato in panchina Herbert Kickl, il leader dell’Fpö, scegliendo Nehammer, leader del secondo partito. Lo aveva fatto per “non sprecare tempo”, perché dalle prime consultazioni aveva verificato che l’Fpö, è vero, aveva la maggioranza relativa, ma nessuno degli altri partiti (nemmeno i Verdi, che qui finora non abbiamo mai nominato) sarebbe stato disponibile ad allearsi con lui. Quindi, perché perdere altro tempo?
Oggi possiamo constatare che sono stati spesi inutilmente tre mesi di tempo e che l’Austria è ancora senza governo. Come abbiamo osservato sopra, è difficile dire quel che accadrà ora. Possiamo soltanto mettere sul tavolo tutte le ipotesi possibili.
Le prime sono di una coalizione che lasci ancora alla porta l’Fpö. Con due ipotesi: un governo Övp-Spö (insieme i due partiti avrebbero 92 seggi e raggiungerebbero la maggioranza per un solo seggio) oppure un governo Övp-Spö allargato ai Verdi (108 seggi su 183). La prima ipotesi avrebbe vita precaria, perché il governo andrebbe sotto nelle votazioni al primo raffreddore di un deputato. La seconda potrebbe reggere, almeno numericamente, ma Övp e Verdi hanno già litigato nel governo uscente e difficilmente potrebbero non litigare in una nuova formazione.
Restano allora le ipotesi di governo a guida Fpö, quella che Van der Bellen aveva scartato per “non sprecare tempo”. Fpö e Spö avrebbero 98 seggi, sufficienti per navigare, ma i socialdemocratici hanno sempre escluso un’alleanza con l’estrema destra. Fpö e Övp avrebbero 108 seggi, una maggioranza ancora più solida. Anche Nehammer però aveva escluso un’alleanza, non però con l’Fpö, ma con l’Fpö a guida Kickl. Insomma, avrebbe partecipato a un governo con l’Fpö, ma a condizione che Kickl si fosse fatto da parte, lasciando la cancelleria a un altro esponente del suo partito, più presentabile agli occhi dell’Övp, come già aveva fatto 25 anni fa Jörg Haider, alla nascita del primo governo di centro-destra (Haider si era dimesso dalla segreteria del partito, facendosi sostituire da Susanne Riess-Passer). Siamo, come ben si vede, a una ipotesi dell’irrealtà. L’Fpö ha trionfato alle urne grazie alla guida di Herbert Kickl. Perché ora dovrebbe farsi da parte proprio all’uomo a cui va il merito della vittoria?
Ma c’è anche un’altra ipotesi da prendere in considerazione. Nell’Övp vi sono molte componenti (nella vecchia Dc, in Italia, si sarebbe parlato di correnti) che vedrebbero di buon occhio una coalizione con l’Fpö, con cui il partito condivide molte posizioni in materia di economia, fisco, immigrazione, sicurezza (non di politica estera, nella quale l’Fpö di Kickl condivide la linea di Orban e Fico, contro l’Ue, a favore di Putin). Se dovessero prevalere, allora sarebbe Nehammer a doversi fare da parte e cedere il passo a qualche suo collega di partito meno allergico ai populismi di Kickl.
Naturalmente non si possono fare i conti senza l’oste, che nel nostro caso è il Capo dello Stato. Che scelta farà Van der Bellen? A chi affiderà un nuovo incarico? E se anche questa volta non si trovasse una soluzione? In questo caso non resterebbe che tornare alle urne, dove il problema probabilmente si risolverebbe da sé, perché il partito dell’estrema destra otterrebbe ancora più voti e al prossimo giro sarebbe lui a dettare le regole.
NELLA FOTO, Beate Meinl-Reisinger, su uno sfondo rosa che è il colore che contraddistingue Neos.
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