Due manifestazioni a Vienna contro il razzismo, dopo l’uccisione negli Usa di George Floyd, cittadino americano di colore. Una terza manifestazione ieri a Klagenfurt. Sono episodi che in questi giorni si sono registrati in varie città del mondo, dopo il comportamento criminale della polizia di Minneapolis. Ma questi ultimi, in Austria, meritano un’attenzione particolare, perché hanno fatto riemergere una presenza di popolazione nera, che non si riteneva così numerosa, e perché hanno avuto una partecipazione sorprendentemente e imprevedibilmente numerosa. Imprevedibilmente numerosa anche per le forze dell’ordine, che avevano calcolato di dover far fronte a 3.000 persone al massimo. Era il numero delle adesioni che risultava dai social. Ne sono arrivate invece 50.000.
L’appuntamento era stato dato nella piazza dei Diritti umani, uno slargo, non una vera piazza, all’inizio della Mariahilfer Strasse, subito a fianco del Museum Quartier. Era stato scelto quel luogo, perché lì si trova un monumento eretto in memoria di Marcus Omofuma, un richiedente asilo nigeriano, che nel 1999 era stato ucciso da tre poliziotti austriaci. Lo stavano riportando in patria su un aereo e per assicurarsi che stesse tranquillo lo avevano legato al sedile, applicandogli anche cerotti alla bocca e al naso. Era morto per asfissia. I poliziotti furono condannati a otto mesi di reclusione, ma dal 2001 sono di nuovo in servizio.
Pareva che la piccola piazza dei Diritti umani fosse più che sufficiente, invece l’afflusso di manifestanti è stato ininterrotto, tanto che ben presto hanno affollato anche buona parte della Mariahilfer Strasse, espandendosi anche oltre il Getreidemarkt, fino alla piazza dei musei, quella su cui si affacciano il Kunsthistorisches e il Naturhistorisches Museum.
Inutili i richiami a “mantenere le distanze” prescritte dalle disposizioni anti-Covid. Inizialmente i partecipanti avevano rispettato il distanziamento di un metro, ma poi era stato loro impossibile, data la ressa. La polizia non ha ritenuto di dover intervenire. Quando a una manifestazione autorizzata prendono parte 50.000 persone – ha commentato il presidente della Polizia di Vienna (che in tutti i Länder si chiama “direttore”, ma solo a Vienna si chiama invece “presidente”) – è naturale che ciò comporti una trasgressione del divieto, come del resto accade nell’ingresso in una corsia, e perciò non v’era alcuna ragione per sciogliere l’evento.
Dalla piazza dei Diritti umani si è mosso un corteo che ha raggiunto la Karlsplatz. Tutto si è svolto in modo ordinato, senza tafferugli e senza atti di vandalismo. I partecipanti, in prevalenza gente di colore, indossavano la mascherina regolamentare e molti reggevano cartelli, per lo più in inglese: “La pelle nera non è un crimine”, “Tutti contro il razzismo”, “Le vite dei neri contano ora e sempre”, “Fine del privilegio dei bianchi”. Molte mascherine avevano la scritta “I can’t breathe!” (“Non posso respirare!”). Sono le ultime parole pronunciate da George Floyd, prima di morire soffocato dal ginocchio di un poliziotto.
Ma davvero a Vienna e in Austria la discriminazione razziale è così forte? I rappresentanti dell’associazione Zara, che combatte contro questo fenomeno, parla dell’esistenza di un “razzismo strutturale”. Non sempre le conseguenze sono tragiche, come nel caso di Marcus Omofuma. Mireille Ngosso, una delle promotrici della manifestazione e vicepresidente nel primo distretto di Vienna (originaria dello Zaire, ha 40 anni ed è medica chirurga), è testimone di quanto era accaduto a lei, all’età di 14 anni. Mentre si trovava nella Mariahilfer Strasse con un’amica bianca, erano state fermate per un controllo da una pattuglia di poliziotti, ma solo lei era stata controllata e perquisita. Episodi del genere sono all’ordine del giorno. Soltanto nel 2019 l’associazione Zara ha ricevuto 75 denunce per abusi da parte della polizia.
Da parte del Ministero degli Interni si nega che vi sia un trattamento differenziato, che tenga conto della razza e dell’etnia e si sostiene che “fenomeni di discriminazione non vengono tollerati”. Lo studio dei diritti umani, inoltre, costituisce parte integrante dei corsi di formazione della Polizia.
A margine della manifestazione in piazza dei Diritti umani va segnalato un twitt del presidente della Repubblica. “La brutale uccisione di George Floyd da parte dei poliziotti di Minneapolis – ha scritto Alexander Van der Bellen – ha choccato noi tutti. Proteste contro il razzismo strutturale e l’uso sproporzionato della violenza da parte delle forze dell’ordine sono comprensibili e giustificate. Tumulti e saccheggi no”.
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