Diecimila persone hanno preso parte ieri a Vienna a una manifestazione di protesta contro le misure disposte dal governo per arginare la pandemia. La polizia ha avuto il suo bel da fare per controllare la situazione. Ogni tentativo di bloccare i manifestanti – tutti ostentatamente senza mascherina al volto e ovviamente senza alcun rispetto del distanziamento – ha avuto per conseguenza lo sfilacciamento del corteo in più rivoli, che si sono incamminati in direzioni diverse, con l’impossibilità per le forze dell’ordine di tenerli tutti sotto controllo. Non sono mancati scontri anche violenti, che hanno portato al ferimento di dieci poliziotti, uno dei quali ricoverato in ospedale; 850 persone sono state denunciate e dieci arrestate. Tra gli arrestati, anche il capo degli agitatori, Martin Rutter, già consigliere di estrema destra al Landtag della Carinzia.
Anche in Austria l’area dei negazionisti del virus e dei complottisti è formata non esclusivamente ma in prevalenza da esponenti della destra estrema, dagli hooligans agli identitari, ai neonazisti (c’era di nuovo il pluricondannato Gottfried Küssel, con i suoi “camerati”). Ma anche da esponenti dell’estrema destra parlamentare, come il deputato Dagmar Belakowitsch e il capogruppo Herbert Kickl, che sabato aveva protestato duramente contro il divieto delle manifestazioni (erano in programma 17) e aveva parlato di “Diktatur”.
Rispetto a manifestazioni analoghe in altri Paesi Europei rappresenta un “unicum” austriaco la presenza anche di un fanatismo religioso, che considera il Coronavirus una piaga voluta da Dio, per punire i peccati degli uomini, contro la quale serve soltanto la preghiera e non le limitazioni imposte dai governi.
L’inizio della protesta di ieri, in effetti, ha avuto una caratterizzazione religiosa. I primi partecipanti si sono radunati intorno alle 11 nella zona del Volksgarten per un incontro intitolato “L’Austria ha bisogno di Gesù”. Alcuni reggevano delle croci, altri cartelli con invocazioni religiose. Su uno era riportato il brano del Vangelo di Matteo che recita “dove due o tre sono riuniti nel mio nome, io sono tra loro”, quasi a voler giustificare il raduno che il giorno prima la Polizia aveva vietato. Sono stati pronunciati brevi discorsi, in uno dei quali è stato spiegato che “i sintomi del Covid-19 si curano con la preghiera, perché Gesù non teme il Coronavirus”.
Il raduno non aveva avuto l’avvallo della Chiesa. Al contrario, il giorno prima la Diocesi di Vienna aveva messo in guardia contro eventuali azioni di protesta mascherate da “processioni cristiane”, definendo questi comportamenti “un abuso della libertà religiosa”.
Dal Volksgarten gli oranti si sono mossi in corteo verso la Heldenplatz e la piazza Maria Teresa (quella tra il Kunsthistorisches e il Naturhistorisches Museum, dove già si era svolta un’analoga manifestazione il 16 gennaio). Qui si sono riuniti altri gruppi provenienti da zone diverse, molti trasportati a Vienna con pullman di una ditta dell’Alta Austria, che già aveva prestato analogo servizio per la manifestazione di 16 giorni fa, e la situazione è incominciata a degenerare.
La massa dei dimostranti si è avviata lungo il Ring, dove è stata circondata da un cordone di polizia, che ha contestato ai partecipanti il mancato uso di mascherine e ovviamente l’inosservanza del distanziamento. Chi è riuscito a sfilarsi dall’”assedio” delle forze dell’ordine ha proseguito la marcia in direzioni diverse, senza che nessuno potesse star loro dietro.
Un gruppone si è diretto verso la Schwarzenbergplatz, percorrendo un tratto del Ring che fino a quel momento non era stato interdetto al traffico, per cui i manifestanti si sono trovati in mezzo alle auto che viaggiavano in senso opposto al loro. Sono dovuti accorrere altri reparti di poliziotti per por fine a una situazione che stava diventando pericolosa.
Nel frattempo un altro gruppo di poco meno di 2.000 manifestanti si è mosso dalla Westbahnhof, percorrendo la Mariahilfstrasse, unendosi infine ad altri 600 dei manifestanti sfuggiti al cordone disposto poco prima dalla polizia sul Ring.
Da segnalare anche un episodio marginale, ma simbolicamente importante. Circa 50 persone hanno cercato di dare l’assalto al palazzo del Parlamento, forse pensando di emulare le gesta dei fans di Trump al Capitol Hill di Washington. Anche qui c’è stato un rapido intervento della polizia, che ha impedito ai facinorosi di risalire le gradinate. Va detto, peraltro, che il palazzo è chiuso da due anni per lavori di ristrutturazione e che le sedute del Parlamento attualmente si svolgono provvisoriamente altrove.
Alle 21.30 il ministro degli Interni, Karl Nehammer, e il presidente della Polizia di Vienna, Gerhard Pürstl hanno tenuto una conferenza stampa, per fare il punto sulla situazione. Un incontro del genere, a un’ora così tarda, non si era mai visto prima d’ora. Nehammer e Pürstl hanno riferito sul numero dei dimostranti (stimati dalla polizia in 10.000 persone), sulla loro connotazione politica, sugli arresti, sulle denunce, sui ferimenti. Ha elogiato il comportamento degli agenti e ha criticato aspramente il suo predecessore agli interni, Kickl, che il giorno prima aveva incoraggiato i manifestanti.
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