Venerdì 4 Ottobre 2024

20.03.14 IschglNon è dall’Italia ormai che l’Austria deve temere i contagi prossimi venturi da Coronavirus (benché finora i contagiati siano risultati in gran parte provenienti dal nostro Paese). Non è neppure dalla Cina, che ormai ha superato il picco dell’emergenza. Il focolaio più pericoloso l’Austria ce l’ha in casa, nella remota valle di Paznaun, in Tirolo. Le autorità sanitarie internazionali considerano quell’area ad altissimo rischio, al pari della Lombardia e, fino a qualche giorno fa, della provincia cinese di Wuhan.

Il nome Paznaun probabilmente dice poco, ma se aggiungiamo che in quella valle si trova Ischgl, una delle principali stazioni sciistiche delle Alpi, allora tutto diventa chiaro. Ischgl non è soltanto un poderoso polo turistico, con 238 chilometri di piste e impianti in grado di trasportare 134.000 persone all’ora, ma è anche la mecca dell’après-ski e della vita notturna. Qui ogni stagione si inaugura chiamando sul palcoscenico artisti del calibro di Elton John, Tina Turner, Diana Ross, Bon Jovi, Gianna Nannini, James Blunt. Un anno è arrivato fin qui il balletto della Scala. Per questo Ischgl viene chiamata anche la “Ibiza delle Alpi”. Per questo, quando al mattino ci si avvia agli impianti di risalita, è quasi normale incrociare persone con gli scarponi da sci ancora ai piedi, che rientrano barcollanti da una notte passata bevendo nei bar o nelle discoteche.

È in questa fabbrica del divertimento senza limiti di orario che il Coronavirus ha sferrato l’attacco. Può succedere. È successo a Wuhan ed è successo a Codogno e dintorni. Cinesi e codognesi non ne hanno colpa. Ma la colpa di Ischgl è l’aver nascosto per oltre una settimana il fatto, per evitare i contraccolpi sull’economia turistica della valle. Nel frattempo il contagio è dilagato.

20.03.14 Ospiti in fuga da St. AntonOggi il Tirolo è il Land con il maggior numero di persone risultate positive al tampone (264 su 870 in Austria, secondo i dati aggiornati a ieri pomeriggio). Gran parte di quei contagiati sono nella Paznauntal e nella vicina St. Anton am Arlberg. Ma dalla Danimarca, dalla lontana Islanda e soprattutto dalla Germania giungono segnalazioni di decine, forse centinaia di persone rimaste infettate mentre erano in vacanza a Ischgl, che una volta tornate in patria, ignare di essere portatrici del virus, hanno diffuso il contagio tra i loro connazionali.

Di fronte all’irresponsabile inerzia delle autorità locali, venerdì il governo federale ha ordinato la quarantena e l’isolamento dell’intera Paznauntal (Ischgl, Kappl See, Galtür) e di St. Anton am Arlberg, e ha schierato l’esercito alle porte della valle. Nessuno può uscire, nessuno può entrare. Soltanto ai turisti non austriaci è concesso il ritorno a casa con le dovute precauzioni.

La valle ha circa 9.500 abitanti. Al momento dell’imposizione della quarantena erano presenti 8.000 turisti; altrettanti a St. Anton. Nonostante l’estrema gravità della situazione, gli impianti sciistici sono rimasti in funzione fino a ieri e sulle piste e alle stazioni a valle c’è stato il consueto affollamento, senza che fosse presa la minima precauzione onde evitare il diffondersi del contagio. Questa sconsiderata scelta è stata giustificata con la necessità di evitare il caos nelle partenze, ma a molti è sembrato invece che non si sia voluto perdere gli incassi dell’ultimo weekend della stagione.

Qualcuno alla fine farà il conto degli skipass venduti, qualcun altro delle persone contagiate o decedute grazie a questo azzardo. Intanto a livello europeo si sta delineando un quadro allarmante. Il primo segnale era arrivato già il 5 marzo dall’Islanda: 14 sciatori erano risultati positivi al ritorno da Ischgl. Ma quel campanello d’allarme ha suonato invano. Nello stesso giorno, infatti, il Land Tirolo ha diramato una nota per definire “improbabile dal punto di vista medico” che gli islandesi avessero preso il contagio in Austria. Sulla base di quali elementi? Sulla semplice dichiarazione di un passeggero dell’aereo che aveva riportato i turisti a casa, secondo il quale a bordo ci sarebbe stato un altro passeggero infettato in Italia.

Quand’anche quella dichiarazione fosse ritenuta attendibile, sarebbe stato prudente disporre almeno qualche controllo. Invece non si fa nulla. Non si fa nulla nemmeno quando tre giorni dopo risulta positivo al tampone il barman dell’après-ski Kitzloch, leggendario e affollato luogo di ritrovo e di bevute della località. Nei giorni che seguono il numero dei contagiati sale, ma si continua a non prendere alcun provvedimento. Del resto, i decreti emanati nel frattempo a Vienna proibiscono assembramenti di più di 100 persone nei luoghi chiusi e di 500 all’aperto e a Ischgl ci si sente tranquilli, perché quelle soglie non sono superate.

Nel frattempo giungono segnalazioni di centinaia di contagi in Gran Bretagna, Danimarca, Germania, Norvegia, oltre a quelli segnalati dall’Islanda. Molti sono riconducibili a Ischgl. In Danimarca, per esempio, sabato scorso risultavano positive al Coronavirus 200 persone. Secondo le autorità sanitarie di quel Paese, una buona metà dei contagi era riconducibile a Ischgl. Analoghe notizie arrivano dalla Norvegia (dove però il numero dei contagi è sensibilmente inferiore) e dalla Gran Bretagna. Tra i presunti contagiati (non abbiamo potuto conoscere i risultati del test) figura un medico di Chichester, che era stato nella Paznauntal con amici.

Ma il disastro maggiore si registra in Germania. E non può che essere così, perché da questo Paese arriva il numero maggiore di frequentatori di Ischgl e St. Anton. Circa la metà degli 1,4 milioni di pernottamenti annui sono tedeschi, cui si devono aggiungere gli sciatori giornalieri, che arrivano con pullman dal vicino Baden-Württemberg e dalla Baviera. Molti di essi nei giorni scorsi erano tornati a casa portando con sé la sorpresa del virus. “Die Welt” riferiva venerdì di 80 casi ad Amburgo. Altre notizie di contagiati a Ischgl appaiono nei giornali locali del Baden-Württemberg, dell’Assia, della Renania-Palatinato, della Nord Renania-Westfalia.

Il Ministero della Salute dell’Assia pubblica nella sua pagina web l’elenco (anonimo) delle persone infettate dal virus e sorprende la frequenza di Ischgl, indicato come “luogo di presunta esposizione”.

È di fronte a questo scenario che il governo di Vienna venerdì scorso supplisce all’inerzia dei responsabili regionali, disponendo finalmente la quarantena per chi si trova nella valle e mandando i militari a sorvegliarne le uscite. Dal primo segnale di pericolo sono trascorsi intanto 8 giorni, nel quale il Coronavirus ha potuto diffondersi senza limitazione alcuna. E si sono attesi altre due giorni prima di fermare gli impianti.

 

NELLA FOTO, una via affollata di Ischgl, dove gli impianti sono rimasti in funzione nonostante la quarantena, e turisti in fuga a piedi da St. Anton, alla ricerca di un mezzo per raggiungere Innsbruck.

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