La parola d’ordine dell’estrema destra, in Austria, per la soluzione del problema migranti è “Remigration”. La si può intendere come “migrazione alla rovescia” o “rimpatrio”, ma il movimento degli Identitari la intende in forma più drastica come “deportazione in massa”. L’Fpö, pur essendo un partito di estrema destra, non è così estremista come gli Identitari, ma il suo leader Herbert Kickl, che presto potrebbe diventare cancelliere, in un’intervista in tv non ha saputo o voluto prenderne le distanze
Deportazione dove? Rimpatrio in quale patria?
Le parole si lasciano pronunciare facilmente, ma quando si tratta di passare ai fatti tutto diventa più difficile. In Italia, per esempio, nel primo semestre dell’anno, a fronte di 13.300 ordini di rimpatrio, i migranti respinti sono stati soltanto 2.035. Non si tratta di mancanza di volontà politica, perché in questo momento governano in Italia quelli che la volontà politica di rimandare a casa i migranti, impropriamente definiti “clandestini”, ce l’hanno. Se non ci riescono o ci riescono in percentuale risibile significa che le difficoltà per farlo sono quasi sempre insuperabili.
Sono insuperabili anche per l’Austria, dove la guida del governo, e in particolare del Ministero degli Interni, è nelle mani dell’Övp, il Partito popolare, che in materia di migranti la pensa come l’Fpö, se non proprio come gli Identitari. Nel fare un bilancio del fenomeno nel 2023, il ministro degli Interni, Gerhard Karner, ha parlato con soddisfazione di un “Jahr der Abschiebungen”, l’”anno delle espulsioni”.
Un successone? Dai dati comunicati non sembrerebbe proprio così. Complessivamente hanno dovuto lasciare il Paese 12.900 persone, che è un buon numero per la piccola Austria, ma un po’ più della metà (54%) lo ha fatto volontariamente. Gli altri sono stati costretti. Casca il palco, però, quando si apprende che quasi tutti non erano migranti richiedenti asilo, ma cittadini di altri Paesi dell’Ue, in particolare Slovacchia, Ungheria, Romania.
Insomma, la “Remigration” non ha riguardato siriani, ceceni, afghani, che quasi ogni giorno si accoltellano nei quartieri periferici di Vienna. Non ha riguardato neppure macedoni del nord, bosniaci, kosovari di fede islamica, sospettati di tramare attentati ai concerti di Taylor Swift o di altri big dello spettacolo, in nome della jihad. Per questi i rimpatri, anche quando siano teoricamente possibili senza infrangere il diritto internazionale in tema di diritto di asilo, sono estremamente complicati e costosi.
La parola “Remigration” suona bene in campagna elettorale e aiuta a vincere le elezioni, come è accaduto al partito di Kickl, ma alla fine si rivela per quel che è, un semplice flatus vocis.
NELLA FOTO, l’ex leader degli Identitari austriaci, Martin Sellner, mentre parla a una manifestazione anti-migranti indossando una maglietta con la scritta “Remigrations tour”.
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