Il più grande fallimento nell’Austria postbellica non è stato quello di Konsum, la catena di supermercati del Partito socialdemocratico. Non è stato quello di Bawag-Pks, la banca interamente di proprietà dell’Österreichischer Gewerkschaftsbund, il sindacato dominato anch’esso dai socialdemocratici. Non è stato nemmeno il fallimento di Hypo Bank Alpe Adria, il cui buco alla fine si è ridotto a “soli” 11 miliardi e mezzo, grazie all’efficiente lavoro della bad bank Heta Asset Resolution nella liquidazione dei beni mobili e immobili recuperati dai debitori insolventi.
No, il record nella storia dei fallimenti austriaci spetta ora alla holding Signa dell’intraprendente e spericolato immobiliarista tirolese René Benko. Sono fallite la società madre, la Signa Holding Ag, le due principali società controllate Signa Prime Selection e Signa Prime Development e, scendendo giù “per li rami”, sono fallite altre 156 società solo in Austria, riunite in una (quasi) impenetrabile galassia di scatole cinesi. Ne avevamo riferito in questo blog il 16 ottobre 2023, il 26 novembre 2023 e il 30 novembre 2023. Il debito ufficialmente accertato ammonta a 28 miliardi.
Come spesso accade, quando c’è un fallimento, c’è anche una bancarotta fraudolenta. Anzi, secondo alcuni, è impossibile che una società, grande o piccola, fallisca senza che i loro amministratori abbiano tentato di mettere in salvo parte del patrimonio attivo, a danno dei creditori, rendendosi così penalmente responsabili.
È questa la ragione per cui René Benko dall’inizio dell’anno è in carcere in attesa di processo, perché, secondo la Procura anticorruzione (Wirtschafts- und Korruptionsstaatsanwaltschaft), c’è il rischio di recidiva. In realtà Benko non è in attesa di processo, ma di processi. Tanti processi. La strategia processuale della WKStA, infatti, è cambiata. In clamorosi casi precedenti – da quello Bawag e quello Buwog – gli inquirenti avevano lavorato anni per costruire un processo monstre, con migliaia di documenti, che riempivano armadi, centinaia di testimoni e dibattimenti pubblici che duravano mesi, con decine e decine di udienze (oltre 170 per quello che ha condannato l’ex ministro Karl-Heinz Grasser).
Questa volta si procede con il metodo del salame, tagliando “fetta per fetta”, come ha scritto oggi il giornalista della Kleine Zeitung Manfred Neuper. La Procura raccoglie elementi sui singoli comportamenti delittuosi dell’imputato e, quando ne ha a sufficienza per ciascun caso, ne chiede subito il rinvio a giudizio.
È questa la ragione del primo processo a carico di Benko celebrato in soli due giorni davanti al Tribunale di Innsbruck. Riguardava il trasferimento di una somma di 300.000 euro alla madre. Briciole, per un imprenditore che aveva gestito affari miliardari e che, al culmine della sua carriera, era stato padrone di immobili di prestigio in Austria, in Germania (la Galerie Kaufhaus, per citare il più noto), in Italia (l’hotel Bauer di Venezia, per non parlare degli investimenti a Bolzano) e negli Usa (il celebre Chrysler Building di New York). Ma quegli spiccioli erano stati sottratti alla massa fallimentare.
In questo primo processo Benko è stato condannato per quei pochi soldi a 2 anni di reclusione, pena da cui saranno sottratti i mesi già scontati nella carcerazione preventiva. Ma, per un processo che si chiude (a meno che Benko non ricorra in appello), già un secondo si affaccia all’orizzonte e tanti altri sono in lista di attesa. Tutti per piccoli ammanchi o singoli beni sottratti al patrimonio della holding. Benko subirà un processo alla volta, secondo quella che è stata definita la “tecnica del salame”. O del “Salami”, per dirla in tedesco.
NELLA FOTO, l’immobiliarista René Benko, nell’aula del Tribunale di Innsbruck, mentre ascolta la sentenza di condanna.
__________________________
AUSTRIA VICINA è anche su Facebook. Clicca “mi piace” alla pagina
https://www.facebook.com/austriavicina