Mercoledì 4 Dicembre 2024

19.11.10 Arno Kompatscher, Bolzano, Sud TiroloCento anni dopo il Trattato di Saint Germain, che assegnò il Sud Tirolo all’Italia, questo lembo di terra strappata all’Austria offre un modello di convivenza a cui spesso si fa riferimento in altri angoli del mondo, dove sono in corso conflitti interetnici. Ma la convivenza faticosamente raggiunta in questa provincia del Nord esiste davvero o i conflitti continuano a covare sotto la cenere? Le questioni sollevate di recente del doppio passaporto e della toponomastica bilingue fanno pensare che sia così. E purtuttavia, come ha rilevato un recente sondaggio, questi elementi di attrito riguarderebbero soltanto una parte modesta della popolazione.

Come la pensa in proposito Arno Kompatscher (nella foto), presidente della Provincia autonoma di Bolzano, eletto nella lista della Südtiroler Volkspartei (il Partito popolare che rappresenta gran parte dei sudtirolesi di lingua tedesca)? Quando si intervista un leader del genere c’è sempre il sospetto che l’intervistato risponda all’intervistatore condizionato dalla consapevolezza di rivolgersi al pubblico di una testata giornalistica italiana. Tanto più interessante, allora, risulta l’intervista se è concessa a una testata austriaca, perché in tal caso quel condizionamento, vero o presunto, non c’è. Si ritiene che a un interlocutore austriaco un sudtirolese investito di responsabilità pubbliche possa rivelare più liberamente ciò che davvero pensa.

È questa la ragione per cui l’intervista che Arno Kompatscher ha concesso pochi giorni fa alla “Kleine Zeitung”, quotidiano di Graz e Klagenfurt, ci sembra interessante. L’abbiamo tradotta e la pubblichiamo oggi con l’autorizzazione dell’autore, Stefan Winkler, capo della redazione esteri del giornale austriaco e in passato, per alcuni anni, corrispondente da Bruxelles per la stessa testata.

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  • Signor Landeshauptmann (Winkler usa per Kompatscher lo stesso titolo attribuito ai presidenti dei Länder austriaci, nda), ci sono dei momenti in cui lei ritiene che il Sud Tirolo abbia troppa storia alle spalle?

“No! Questa impressione nasce dal fatto che siamo sempre interpellati al riguardo. Ma noi sudtirolesi viviamo in modo normale questi meravigliosi giorni d’autunno, senza arrovellarci continuamente sulla nostra identità. Naturalmente come Landeshauptmann del Sud Tirolo non posso comportarmi come se non ci fosse una storia. Ma questo vale per ogni politico responsabile. È necessario essere consapevoli del passato e cercare di trarne il giusto insegnamento”.

  • La disturba di essere di continuo interpellato sulla sua identità?

“No, talvolta mi fa perfino piacere, perché mi dà l’opportunità di chiarire alla gente un saldo punto di vista e cioè che la domanda è semplicemente posta in modo sbagliato”.

  • In che cosa è sbagliata?

“La gente vuole per lo più sapere: ma tu cosa sei esattamente? italiano? austriaco? sudtirolese? tirolese? E io allora rispondo: come tirolese appartengo alla minoranza austriaca in Italia e come sudtirolese sono cittadino italiano. Ma – e questo è decisivo – la mia identità si definisce esclusivamente così? Quanto conta il mio inserimento sociale, la rete delle mie relazioni? Io sono anche un fanatico del jazz e questo mi unisce ancor di più a uomini di altre parti del mondo, a prescindere dal colore della pelle. Noi dovremmo liberarci una buona volta da questa etichetta, che ci induce a pensare che l’identità possa essere definita soltanto dalla lingua e dalla presunta appartenenza a una nazionalità, che poi molto spesso non si riesce chiaramente a definire”.

  • Cento anni fa il Sud Tirolo fu separato dall’Austria. Quanto è aperta ancora quella ferita?

“Fu un’ingiustizia storica. Così viene percepita fino ad oggi dai sudtirolesi di lingua tedesca e ladina. Il Brennero sta per separazione, nazionalismo e per le ferite che dopo il 1919 furono inferte: il fascismo, il nazismo, le opzioni. Ma per noi vale sempre più come simbolo di unione dell’Europa. Noi sudtirolesi siamo orgogliosi di ciò che sono riusciti a fare con lungimiranza autentici uomini di Stato. Il Sud Tirolo può essere visto a livello globale come un modello di come possono essere superati i conflitti etnici. Nel Sud Tirolo spesso si recrimina e si inveisce. Ma quando andiamo in giro per il mondo riferiamo con orgoglio che veniamo da una regione speciale, dove convivono più lingue e culture e dove la gran parte della popolazione considera questa condizione un valore aggiunto”.

  • Se qui tutto è perfetto, perché allora ci sono ancora separatisti?

“Naturalmente nella regione ci sono gruppi che volentieri vorrebbero girare all’indietro la ruota della storia. Questo riguarda sia i tedeschi che gli italiani. La domanda è: è un lusso che ci concediamo, perché non abbiamo altri problemi? Oppure la questione è che non abbiamo ancora elaborato e accettato il tutto?”

  • Lei quale risposta si dà?

“La seconda. E in effetti ci sono ancora questioni non risolte. Penso alla toponomastica, che certamente da molti non è considerata urgente, ma che crea malumore. Alcuni in Sud Tirolo pensano che noi dovremmo risolvere il problema usando lo stesso metodo che a suo tempo usarono i fascisti, ovvero con decisioni imposte a maggioranza e dall’alto”.

  • Che cosa intende dire?

“È un fatto che i toponimi italiani inventati da Ettore Tolomei sono sempre motivo di disagio. Io credo però che tra i gruppi linguistici vada creato prima un clima di fiducia, nel quale nessuno neghi all’altro il diritto alla sua patria. Con questo spirito noi abbiamo proposto a Roma di ripristinare tutti i toponimi tedeschi e ladini. Sono denominazioni ancora non ufficiali. Nello stesso tempo manteniamo tutti quei nomi di luogo italiani, pur nella consapevolezza che si tratta di invenzioni di origine fascista, ma che vengono effettivamente adoperati, poiché per molti sono diventati parte del loro sentimento di patria. In fin dei conti 100 anni sono storia. Tutti gli altri toponimi potrebbero essere ufficialmente aboliti. Sarebbe un gesto simbolico di riparazione. Siccome questi nomi non li usa nessuno, a nessuno verrebbe tolto qualcosa”.

  • Recentemente ha fatto molto scalpore l’eliminazione dell’espressione “Alto Adige” in un testo di legge votato dal consiglio provinciale (Winkler lo chiama “Landtag sudtirolese”, nda). Non dimostra questo quanto fragile sia in realtà la pace nella regione?

“Sì, è stato un comportamento assolutamente maldestro. È stato un errore. Ma abbiamo chiarito che in nessun modo c’era l’intenzione di introdurre a maggioranza l’abolizione dell’espressione Alto Adige. Con questo non voglio negare che alcuni sudtirolesi abbiano problemi con il nome Alto Adige, perché è una definizione che i fascisti hanno introdotto nel Sud Tirolo. Ma anche se è così, noi dobbiamo tenere aperto il dialogo con i nostri concittadini italiani e dire: un momento, non trovate anche voi che Alto Adige sia un nome tarato? Non possiamo dimenticare, tuttavia, che una cancellazione unilaterale verrebbe intesa da molti italiani che vivono in questa provincia come un grande affronto, perché è parte importante della loro identità. E sono più che sicuro che ciò non servirebbe alla causa del Sud Tirolo”.

  • Rimane sempre controverso anche il doppio passaporto.

“La questione del doppio passaporto è stata portata a Vienna dal Sud Tirolo. La domanda è se si è riflettuto fino in fondo sulle implicazioni derivanti dall’attuazione di questo desiderio e soprattutto se il modo con cui è stato inserito nel patto di coalizione dell’ultimo governo (quello di centro-destra Övp-Fpö sfiduciato in primavera, nda) corrisponde a ciò che ci si era proposti. La cosa più importante per il Sud Tirolo è che questo tema sia discusso in accordo tra Vienna, Bolzano e Roma. La nostra autonomia vive dal fatto che è un sistema consensuale, basato sul Trattato di Parigi del 1946 e su tutto ciò che è seguito nella prassi statale. Questo principio della consensualità deve essere rispettato, anche da parte dell’Austria. Lo chiediamo anche alla parte italiana. Sarebbe un errore politico violarlo, anche se dal punto di vista del diritto internazionale sarebbe possibile regolare il diritto di cittadinanza nell’ambito statuale interno”.

  • Le dispiacerebbe se il nuovo governo a Vienna abbandonasse il doppio passaporto?

“Considero il modo il cui è stata discussa la doppia cittadinanza negli ultimi tre anni di fatto non giovevole all’autonomia del Sud Tirolo. Piuttosto il contrario. Perciò mi auguro quanto meno che non venga ripresa in questa forma. E credo che per il futuro e per lo sviluppo ulteriore dell’autonomia ci siano problemi più urgenti”,

  • La discussione sul doppio passaporto non è anche una dimostrazione che l’evocazione di un’identità regionale ed europea non basta a molti sudtirolesi?

“Purtroppo è così. Si è cacciato in testa ai popoli dell’Europa che gli Stati nazionali corrispondono all’ordine naturale delle cose. Ciò è assolutamente privo di senso e non è dimostrato da nessuna parte, ove si consideri la storia su una scala più grande. Ma appartiene oggi al consenso sociale. Si anela all’appartenenza a uno Stato nazionale, una reminiscenza del 19. secolo, poiché l’idea complicata di un’Europa unita nelle sue molteplicità non è abbastanza radicata e trasmessa. Nel mentre però vi sono molti europei che si definiscono in primo luogo e chiaramente come tali”.

  • Dove convivono etnie ci sono anche conflitti. Anche nel Sud Tirolo. È male questo?

“La mia idea del Sud Tirolo non è affatto ingenua. Io non credo a un grande crogiolo, nel quale tutto è sfumato. Ma credo alla custodia delle tradizioni, delle culture, di forti identità, nelle quali ci si feconda reciprocamente. La molteplicità crea frizioni. L’importante è che ne derivi un arricchimento. Apprendere due o tre lingue, potersi muovere in tre culture, saperle apprezzare, tutto questo è meraviglioso! E ciò non esclude un forte attaccamento alle proprie radici. È vero, nello stare insieme c’è ancora molto potenziale. Parte della realtà vissuta in Sud Tirolo è però anche che 100 anni dopo Saint Germain per molti è diventato più facile costruire ponti”.

Stefan Winkler

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Arno Kompatscher è nato nel 1971 a Völs am Schlern (Fiè allo Sciliar). Ha studiato giurisprudenza a Innsbruck e a Padova e poi per breve tempo ha insegnato. Dal 2004 è stato direttore della società degli impianti della Seiser Alm (Alpe di Siusi). Dal 2005 al 2013 sindaco di Völs. Nel 2014 è subentrato a Luis Durnwalder alla presidenza della Provincia autonoma di Bolzano. È sposato e padre di 7 figli.

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