La coalizione di governo in Austria è in preda a una crisi di nervi e sta assumendo forti sedativi per non scoppiare. Cos’è accaduto? Una ministra di Vienna ha partecipato a Bruxelles a una seduta del Consiglio d’Europa, votando in modo difforme da ciò che era stato deciso in consiglio dei ministri e da ciò che era stato raccomandato con voto unanime dei governatori di tutti i nove Länder.
In una situazione del genere qualsiasi governo sarebbe caduto. Quello austriaco, invece, no. È ancora vivo e vegeto resterà tale fino alle elezioni politiche del 29 settembre. I membri della coalizione – Övp e Verdi – sono come quei coniugi separati in casa, che non rinunciano alla convivenza, benché faticosa, perché una separazione comporterebbe per entrambi svantaggi maggiori.
Il nodo della discordia è il Renaturierungsgesetz, la legge europea per il recupero di aree ambientali degradate, dai fiumi inquinati ai boschi devastati da incendi o sfruttamento intensivo, ad aree umide prosciugate. Era già stata approvata dal Parlamento europeo, ma serviva anche il consenso del Consiglio europeo, espresso dai ministri per l’Ambiente di tutti i suoi Paesi membri.
Sul punto il governo di Vienna era diviso: i Verdi per il sì, i popolari (Övp) per il no, come l’Italia, l’Ungheria, la Polonia, la Svezia, la Finlandia. Alla vigilia del voto del Consiglio europeo, la ministra austriaca per l’Ambiente, Leonore Gewessler, annuncia che avrebbe votato a favore, benché il disaccordo con i partner di governo avrebbe dovuto suggerire l’astensione.
La reazione dei popolari è stata di indignazione. Il ministro per l’Agricoltura, Norbert Totschnig, ha parlato di un atteggiamento “politicamente pericoloso”, la collega per gli Affari costituzionali. Karoline Edtstadler, lo ha giudicato addirittura un “vulnus” alla Costituzione.
Che c’entra la Costituzione con il recupero naturalistico di territori degradati? C’entra in via indiretta. La Costituzione prevede che la pianificazione territoriale (e quindi anche il suo eventuale recupero naturalistico) non sia di competenza dello Stato, ma dei Länder. E, in proposito del Renaturierungsgesetz, questi si erano dichiarati unanimemente contrari. Il voto a favore della ministra Verde, pertanto, sarebbe in contraddizione con la volontà, costituzionalmente tutelata, espressa dai Länder.
Alla vigilia del voto il cancelliere Karl Nehammer tenta l’impossibile per neutralizzare la sua ministra. Scrive al presidente del Consiglio europeo (attualmente un belga), informandolo che il voto di Gewessler deve considerarsi nullo, perché la ministra non era stata autorizzata ad agire per conto del governo. Annuncia addirittura un ricorso alla Corte di giustizia dell’Unione Europea, che non ha precedenti. Di solito uno Stato ricorre a quella Corte per un contrasto con un altro stato, non contro una parte del suo stesso governo. Il segretario generale dell’Övp, Christian Stocker, minaccia addirittura una denuncia penale nei confronti di Gewessler, per abuso di ufficio.
Insomma ci sono elementi in abbondanza perché il governo si presenti dimissionario al Parlamento. Invece non accade nulla. Il cancelliere Nehammer dichiara che il comportamento della ministra Gewessler rappresenta “una grave rottura del rapporto di fiducia”, che normalmente dovrebbe sfociare in una crisi politica, ma che ciò non avverrà “per responsabilità nei confronti del Paese”. In questo momento – ha spiegato – l’obiettivo principale è impedire “un gioco libero delle forze in Parlamento”, che sarebbe potenzialmente caotico e rovinoso per le finanze dello Stato.
In realtà una crisi di governo alla vigilia delle elezioni sarebbe devastante sia per l’Övp che per i Verdi. Ci sono ancora molte leggi da approvare prima della fine della legislatura e molto soldi da spartire. E ci sono, inoltre, le nomine negli organi dell’Ue, a cominciare dai membri della commissione. Né Övp, né Verdi vogliono che siano altri a farlo al posto loro.
Un’ultima annotazione. Per il voto del Consiglio europeo sul “Renaturierungsgesetz” serviva una maggioranza qualificata: era necessario il “sì” di almeno 15 Paesi (lo hanno dato in 20), in rappresentanza di almeno il 65% della popolazione. Anche la seconda percentuale è stata superata, ma di un soffio: il 66%. Senza il voto di Leonore Gewessler la legge sul recupero degli ambienti naturali degradati non sarebbe passata.
NELLA FOTO, la ministra per l’ambiente Leonore Gewessler.
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